Marco Albino Ferrari, Racconti di pareti e scalatori
Einaudi, 356 pagine, 20 euro
Apparentemente i resoconti di alpinismo sono tutti uguali: cominciano con l’emozione del narratore, che dopo una lunga preparazione arriva ad affrontare la parete, proseguono dando conto delle disavventure incontrate, spesso ottenendo effetti di suspence, e finiscono regolarmente con il sollievo del sopravvissuto, contento di aver sperimentato i propri limiti. Eppure, come dimostra questa antologia di ventisette ascensioni, anche questo genere letterario dai confini così fissi può essere affrontato in modi diversissimi: con rigore (Bonatti) o ironia (Mila), rendendo il proprio racconto un saggio filosofico (Gervasutti), un reportage (Simpson) o un pezzo di fantascienza psichedelica (Messner). La differenza è data dal carattere degli alpinisti, ma anche dalle loro scelte ideologiche, dal loro modo di prendere posizione rispetto alle polemiche e dal confronto con i precedenti tentativi di affrontare una certa montagna.
La scelta del curatore di affiancare resoconti diversi relativi a una stessa parete rende più comprensibile la narrazione anche a chi non ha mai scalato nulla in vita sua. Chiudendo il libro si ha l’impressione che il récit d’ascension costituisca una buona metafora per l’intera letteratura di non-fiction: qui più che mai si tratta di dar conto di un’esperienza così da farla capire a chi non l’ha vissuta e convincerlo della sua veridicità.
Internazionale, numero 935, 10 febbraio 2012
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