Adachiara Zevi, Monumenti per difetto
Donzelli, 226 pagine, 21 euro
Il termine “monumento” evoca ancora raffigurazioni solenni, qualche volta pacchiane, sempre volte a celebrare qualcuno o qualcosa: oggetti sontuosi e ingombranti come le statue equestri dei grandi condottieri. Dalla seconda guerra mondiale in poi, però, si è manifestata sempre di più la necessità di costruire monumenti diversi, oggetti che più che imporre all’osservatore un’immagine eroica, riuscissero a farlo riflettere su ciò che era avvenuto, sulle tragedie che erano state perpetrate, monumenti il più possibile lontani da quelli che aveva fatto costruire per sé chi aveva ordinato quelle tragedie.
Sono nati così memoriali nuovi, che il pubblico si trova a percorrere e a osservare da più punti, monumenti che invece di rassicurare e rafforzare una convinzione contribuiscono a sfatare le certezze e a far provare disagio. Adachiara Zevi racconta le storie di questi contro-monumenti, spesso anche controversi perché innovativi e dunque non sempre accettati pacificamente: il mausoleo delle Fosse ardeatine, i musei ebraici di Daniel Libeskind (a partire da quello di Berlino), fino ai musei diffusi, che invece di strappare gli oggetti dalle loro sedi, portano lo spettatore in luoghi significativi. Attraverso le storie di questi e altri posti da visitare Zevi riflette sul modo in cui artisti e architetti stanno trasformando il modo in cui le società decidono di ricordare il proprio passato.
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