John Najemy, Storia di Firenze 1200-1575
Einaudi, 646 pagine, 42 euro
Nel 2013 Firenze è stata visitata da dodici milioni e mezzo di turisti. Tra di loro è aumentato molto il numero dei visitatori provenienti dai paesi del Bric, con una crescita del dieci per cento dei russi e un incremento ancora maggiore dei cinesi. Sembra quasi che, non appena qualcuno raggiunge la classe media e se lo può permettere, decide di andare in vacanza a Firenze.
Da dove viene questo entusiasmo? Le ragioni di un successo turistico che dura da almeno un secolo sono nella fama di questa città come culla della civiltà moderna, luogo di origine di un movimento politico e culturale che ci ha portato fino al tempo in cui viviamo. Eppure, non sono molti i libri capaci di spiegare la storia di Firenze nei secoli cruciali in cui quel movimento ha avuto origine, cioè di fare capire cosa sia accaduto nel periodo che separa Dante da Machiavelli.
Tra i migliori degli ultimi anni c’è questo, che opportunamente appare ora in traduzione italiana. Non lo ha scritto un divulgatore, ma uno storico statunitense che ha passato anni a spulciare registri di verbali consiliari per comprendere come funzionasse il sistema comunale al di là delle apparenze. È così riuscito a capire la storia direttamente sulle fonti, senza farsi ingannare dai luoghi comuni, riuscendo per questo a raccontarla in modo al tempo stesso chiaro, sintetico e problematico, come sempre più raramente succede.
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