Ted Gioia, Gli standard del jazz. Una guida al repertorio
Edt, 494 pagine, 28 euro
Nel mondo del jazz, certi bandleader pretendono che i loro musicisti suonino (bene) un brano semplicemente dopo aver ascoltato il tema e aver capito a che tempo andare. Tra le competenze che ogni jazzista deve avere, infatti, c’è la conoscenza di due o trecento brani musicali, gli standard, che insieme costituiscono un canone a cui attingere per accompagnare nei dischi e nei concerti le composizioni originali di chi suona.
Da sempre circolano alcune raccolte più o meno ufficiali delle partiture di questo repertorio (la più famosa si chiama The real book), ma questa si presenta come la prima guida che offre informazioni sintetiche sulla storia di questi pezzi (da A foggy day a Igot rhythm, da Lover man a Summertime) ripresi, variati, storpiati, interpretati di continuo. Per ogni brano, Ted Gioia ne racconta l’origine (spesso lontana, legata a musical ormai dimenticati), qualche caratteristica musicale che aiuta a capirne la fortuna successiva, i momenti salienti della vicenda interpretativa e un elenco di versioni consigliate (con solo le informazioni essenziali per poterle reperire).
Ne emerge un bel catalogo di storie in evoluzione, che fanno respirare il clima dei locali in cui questa musica è nata e viene suonata e dove per i musicisti è necessario al tempo stesso dimostrarsi in linea con la tradizione e distinguere la propria individualità.
Questa rubrica è stata pubblicata il 4 settembre 2015 a pagina 86 di Internazionale, con il titolo “Suonala ancora”. Compra questo numero | Abbonati
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