Noëlle Revaz, Cuore di bestia
Keller, 220 pagine, 14,50 euro
Arriva in ritardo e sorprende il romanzo che l’autrice pubblicò da Gallimard all’età di 32 anni e la cui delicata traduzione è stata affrontata da Maurizia Balzelli. È un lungo monologo – che scivola talvolta nella terza persona – di un contadino e allevatore, Paul, rozzo, maschilista e violento, dalla psicologia primaria e contorta, che tratta la moglie, soprannominata la Vulva, come fosse una delle sue bestie, ma con meno carezze e meno capacità di dialogarci. La tratta come una bestia, ma anche lui, infine, è poco più che una bestia. E i molti bambini della coppia, indefiniti, per Paul sono anche loro come bestie, anzi meno, perché s’intende meglio con le vacche.
L’arrivo di Georges, un bracciante portoghese, semina nel suo cuore dubbi e rivalità, perché quello è gentile e a suo modo colto, e tratta la Vulva da donna e cerca di rompere la crosta selvatica di Paul. È lui a capire che la donna ha un cancro e a farla visitare e ricoverare, e la gelosia che suscita porta a un minimo risveglio di sensibilità. Non c’è tragedia, infine, anche se la si attende, ed è un altro merito di un romanzo che entra nel cuore di Paul e si esprime (e pensa) come farebbe uno come Paul: un impressionante “flusso di coscienza” che sembra legare le Alpi svizzere ai sud di Faulkner o di Caldwell, ma avendo in mente, credo, anche il dimenticato Ramuza.
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