Nicola Lagioia, La ferocia

Einaudi, 424 pagine, 19,50 euro

Dei tre romanzi di Lagioia, Occidente per principianti correva su e giù per un’Italia vitale e grottesca, era un romanzo “geografico”, Riportando tutto a casa evocava gli anni ottanta delle nuove ricchezze e tragedie (la droga con la sua strage di giovani), da ottimo romanzo “storico”, mentre La ferocia si concentra sul presente di una nuovissima borghesia cresciuta sulla prepotenza di un capofamiglia senza scrupoli. È di Bari e dell’Italia che si parla secondo un modello prossimo al noir, ricco di salti indietro e in avanti, e confrontando la crudeltà sociale con quella naturale, in una sorta di scambio o confronto etologico tra uomini e animali privo di tregue e compassioni.

Vittime come sempre i più deboli, la giovane Clara che muore già nelle prime scene, forse suicida, forse uccisa da qualcuno dell’ambiente in cui si è accanita a buttar la vita alle ortiche per disgusto di sé e dei suoi e di tutto. Se in Riportando tutto a casa si narrava l’ascesa di questo mondo, in questo potente e controllatissimo dopo se ne narra il rapido declino di fronte alla crisi e all’incapacità di dare ordine e senso a un’epoca che li rifiuta, a una società senza progetto oltre la violenza della rapina. Storia di famiglia, di ricchi, di italiani, di un’umanità oscenamente sfibrata, stravolta. È nel rapporto, quasi incestuoso, di Clara con il mite fratello Michele che se ne fugge altrove, che forse ci sarebbe speranza, chissà.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it