Devo confessare che, prima di iniziare questa avventura, mi aspettavo di ricevere una valanga di lettere antipatiche. Non è successo. Cosa ancora più incredibile, in un anno non mi è arrivata neppure una lamentela da parte di qualche genio incompreso.

Ora che ci penso, non ho ricevuto neanche proposte di matrimonio, anche se un lettore mi ha scritto che gli piace il mio naso. La rubrica che state leggendo è nata dodici mesi fa.

L’idea era così semplice che mi sembrava strano che nessuno ci avesse mai pensato prima. Settimana dopo settimana, abbiamo affrontato molti aspetti del mestiere di scrittore. Vi ho anche assegnato dei compiti, convinta che il materiale delle esercitazioni avrebbe potuto formare la base dei vostri libri. Ricordo ancora il primo esercizio.

Era molto semplice e studiato apposta per far correre la vostra fantasia. Si trattava di completare la frase: “Il giorno dopo il mio ottavo compleanno mio padre mi disse…”.

All’inizio mi sono chiesta cosa avrei fatto se nessuno avesse risposto. I miei dubbi non sono durati a lungo. Solo due giorni dopo la pubblicazione della prima puntata della rubrica, centosessantadue scrittori erano riusciti a districarsi nei labirinti del web e a spedirmi i loro racconti.

Di solito, basta una decina di risposte perché una rubrica su un giornale sia considerata un successo. Il fiume di lettere non si fermava. Le risposte che ho ricevuto per quel primo esercizio sono, a tutt’oggi, più di tremila.

Dopo il picco d’interesse iniziale, i messaggi si sono attestati fra i trecento e i mille a settimana, calcolando sia la posta sia le email. È bastato poco perché si formasse un nocciolo duro di partecipanti.

A proposito di polemiche, se vi raccontassi che razza di critiche la nostra rubrica ha ricevuto dai cosiddetti scrittori professionisti, sono certa che non ci credereste. Ho perso il conto delle volte in cui, a una festa o a un evento letterario, qualche autorevole esponente della categoria a cui appartengo mi ha dato di gomito, sussurrando con aria sorniona: “Scommetto che ti sono arrivate quintali di schifezze dai lettori della tua rubrica”.

“A essere sincera”, rispondevo con disinvoltura, “lo standard è molto alto. Quasi incredibile”. Più di una volta mi sono morsa la lingua per non aggiungere: “E comunque molto meglio del tuo ultimo libro!”.

“Non è da incoscienti incoraggiare i dilettanti alla scrittura?”, mi ha chiesto una volta qualcuno, come se invece di spingervi a scrivere un libro vi stessi vendendo della droga.

In realtà ho capito da subito che pochissimi, tra quelli che rispondevano alla rubrica, avevano bisogno di un incoraggiamento. Per la maggior parte si trattava di persone entusiaste, piene di buona volontà e decise a lavorare duro. Non solo. Erano tutte convinte – come me – che la tecnica narrativa è senza dubbio importante, ma non più del confronto e dell’esercizio.

Al contrario di quanto credono parecchi esponenti dell’industria libraria, forse per autoassolversi dalle sviste editoriali di cui sono responsabili, ci sono molti scrittori di talento che prendono sul serio il proprio mestiere. Sono orgogliosa di aver facilitato il loro lavoro.

Ho un solo rimpianto: all’inizio di quest’avventura ho dichiarato che non vi avrei dato consigli su come trovare un agente o un editore, e che l’anno passato insieme sarebbe stato dedicato solo a questioni tecniche. Nonostante la mia dichiarazione d’intenti, mi sono arrivati diversi romanzi, idee e lettere con richieste di aiuto. Se non vi ho risposto, è stato solo per autotutelarmi.

Mi scuso con chi si è sentito trascurato.

Ogni scrittore che riesce a entrare nell’industria letteraria deve stare molto attento a non farsi travolgere dai libri degli altri. Altrimenti rischia di non scrivere più una riga tutta sua. Non vorrei che questo succedesse a me. Per il prossimo mese ho un appuntamento importante: devo mettermi a lavorare al mio nuovo romanzo.

Ho passato gli ultimi dodici mesi a dirvi cosa dovevate fare. Sarete sicuramente sfiniti per i tanti esercizi che vi ho rifilato. Tuttavia sappiate che adesso potete godervi una piccola rivincita: toccherà a me, d’ora in poi, seguire punto per punto i miei consigli.

Ammettetelo, state pensando: “Ben ti sta!”. Forse è da irresponsabili incoraggiare le persone a scrivere quando vivere di libri è così difficile. Ma quello dello scrittore è un mestiere meraviglioso. Ed è l’unico che io voglia fare.

Internazionale, numero 683, 08 marzo 2007

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