Leggo titoli come “L’islam non è moderato”, sento discutere in tv e per strada di terroristi e musulmani moderati. Com’è facile dividere il mondo in due. Elementare. La violenza, il nazismo nascono e proliferano da grande ignoranza. Eppure. Eppure l’ignoranza è qui, è in questo: in una divisione in due che semplifica e che presuppone un buono e un cattivo, un giusto e un violento, un moderato e un religioso, un onesto lavoratore e un immigrato clandestino. La suddivisione però è ancora più sottile. Non solo musulmani buoni e cattivi, perché i buoni musulmani non esistono. Al massimo si può parlare di moderati.
La cattiva informazione è pericolosa quanto un kalashnikov. Arriva con facilità e da più parti senza dover attraversare frontiere, essere smontata e nascosta in auto, senza dover fare lunga strada dai paesi in conflitto o dai nostri alleati occidentali. Può essere maneggiata da chiunque. Arriva dai giornali, dalle scuole, dalle chiacchiere nei mercati, dalla politica, da voci autorevoli e non. Arriva così indisturbata, capillare e pressante che la scambiamo per la realtà. Uccide il nostro pensiero critico e mina la nostra libertà.
I musulmani nel mondo sono circa 1,6 miliardi, cioè il 23 per cento della popolazione mondiale. Il 13 per cento dei musulmani vive in Indonesia (il paese musulmano più popoloso), il 25 per cento nell’Asia meridionale, il 20 per cento in Vicino e Medio Oriente e il 15 per cento nell’Africa subsahariana. Ma i musulmani vivono anche in Europa, Cina, Russia e Americhe. Come è possibile, dunque, pensare all’islam come a un blocco unico? Come non immaginare che un musulmano o una musulmana che vive a Parigi si comporti, si vesta, mangi in modo diverso da un musulmano o una musulmana che vive a Giacarta?
L’islam è una religione che, come le altre, influenza ancora in molti paesi scelte politiche, sociali e culturali e raccoglie credenti più o meno osservanti. Da secoli convive con altre religioni e con l’ateismo in tutto il mondo. Non esiste una “chiesa musulmana”, una struttura che indichi come e perché agire. Esiste un libro e le tante interpretazioni che se ne possono dare.
Non esistono solo musulmani moderati contro musulmani fondamentalisti. Esistono musulmani e musulmane laici, in conflitto o in accordo con i loro governi o le loro famiglie, praticanti, non praticanti e certo anche musulmani intransigenti, fondamentalisti. Sì, tra i musulmani ci sono anche malavitosi, ladri, assassini, dissimulatori. Esistono musulmani e musulmane che rispettano tutti i precetti della propria religione, altri che ne rispettano solo alcuni e altri ancora che non li rispettano affatto. Il discorso fila, no? Eppure. Fila ma non funziona. È un discorso, questo, che li avvicina, che assottiglia le differenze, ce li fa sentire fratelli e sorelle, capaci di fallire ma anche di vivere dignitosamente e in pace. Non funziona per alimentare il rancore, l’odio e la vendetta.
Continuare a parlare solo di musulmani moderati e musulmani terroristi presuppone che l’islam sia, tranne rare eccezioni, una religione terribile fatta solo di uomini barbuti e armati, di donne velate e sottomesse, di stragi di bambini e sentenze inappellabili. E le eccezioni sarebbero i moderati, cioè quelli un po’ meno violenti, quelli con cui si può parlare con un certo timore ma senza essere sparati, quelli che cercano di adeguarsi alle nostre regole democratiche senza controbattere troppo. Come dire che tutti gli italiani e le italiane che negli anni settanta non erano nelle brigate rosse erano italiani moderati.
I musulmani e le musulmane nel mondo sono semplicemente questo: un miliardo e mezzo di uomini e donne diversi per nascita, origine, cultura, istruzione.
Le parole sono importanti e l’ignoranza è un’arma di cui avere molta paura.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it