“Sono stanca di leggere e di pensare alle abitudini”, ha twittato di recente Pamela Hobart, che si definisce un’istruttrice di filosofia di vita. “Non ho abitudini. Non sono una persona abitudinaria. Non lo ero prima, non lo sono adesso e non lo sarò mai”.

Presumo che intendesse prima della pandemia: nel settore dei manuali di autoaiuto la crisi causata dal nuovo coronavirus ha fatto aumentare l’ossessione per le abitudini, gli orari, i rituali e le routine, perché sembra siano fondamentali per rimanere sani di mente in tempi di incertezza. Diversamente da Hobart, io sono una persona abitudinaria. Ma il suo tweet ha fatto scattare qualcosa nella mia mente: mi ha fatto capire che non sono mai riuscito, neanche una volta, a liberarmi di una cattiva abitudine, o a prenderne una buona, cercando di farlo coscientemente.

E voi? Forse sì. Dopotutto, secondo un gran numero di studi, è possibile (anche se molti di questi studi dimostrano semplicemente che si può cambiare comportamento per qualche settimana, dietro la stimolazione continua dei ricercatori). Tuttavia, tra le cose che faccio regolarmente, non mi viene in mente nulla di salutare o positivo che non sia: a) un’inclinazione naturale; b) qualcosa che mi hanno insegnato da piccolo, come lavarmi i denti; c) l’unica reazione ragionevole alla situazione del momento. Preparo la colazione di mio figlio quasi tutte le mattine, ma non perché “è diventata un’abitudine”. Potrei dire che lo faccio per amore o per dovere, ma in realtà lo faccio perché è ora di colazione.

Pilota automatico
Il punto, naturalmente, è proprio questo: nei manuali di autoaiuto l’ossessione per le abitudini nasce dal fatto che “nel 99 per cento dei casi agiamo in modo puramente automatico e abituale”, come dice il filosofo e psicologo William James. Abbiamo una sorta di pilota automatico. Perciò, se vogliamo cambiare noi stessi la cosa più ragionevole da fare è cambiare le impostazioni del pilota, piuttosto che contare sulla forza di volontà ogni volta che vorremmo andare a correre, resistere alla tentazione di un secondo martini, e così via.

Tuttavia, solo perché la nostra vita è regolata dalle abitudini, non ne consegue necessariamente che possiamo manipolarle a nostro piacimento. Ci sono vari modi di porre la questione, ma si riducono tutti al fatto che i nostri schemi inconsci – che si sono formati nel corso di decine di anni e hanno una forte connotazione emotiva – non possono essere modificati da qualche tabella, promessa di gratificazione o cambiamento dell’ambiente che ci circonda. Avevano ragione gli antichi stoici quando dicevano che dovremmo concentrarci solo su quello che possiamo controllare. Purtroppo però tendiamo a dimenticare che molto di quello che non possiamo controllare è dentro di noi.

Per mia esperienza personale, l’acquisizione di abitudini e routine positive funziona così: prima proviamo tutti i trucchi possibili per imporci un cambiamento, e a un certo punto ci arrendiamo in preda alla frustrazione. Poi, quando non c’è più un sergente che sbraita ordini nella nostra mente, sentiamo una voce più tranquilla che ci suggerisce che sarebbe piacevole, solo per oggi, fare la cosa giusta. Non di farla “ogni giorno alle 8 di mattina”, né “ogni giorno per il resto della nostra vita”, ma solo oggi.

Se siamo fortunati, lo facciamo anche il giorno successivo. E se siamo molto fortunati, tre settimane dopo ci rendiamo improvvisamente conto che lo abbiamo fatto quasi tutti i giorni. Abbiamo preso l’abitudine, ma non perché ce la siamo “imposta”. Semplicemente, per prendere in prestito un consiglio degli Alcolisti anonimi, che può tornare utile a tutti, ci siamo limitati a “fare la cosa giusta per una volta”.

Cosa leggere

La maestra buddista Susan Piver esplora l’arte di “fare le cose senza essere cattivi con noi stessi” nel suo sito.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.

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