1. Clare and the Reasons, You got time

Lei, la figlia di un vecchio folksinger newyorchese che si è sposata con un violinista francese e gira con un’orchestrina di dieci elementi, per un po’ è adorabile come l’impermeabile di una sconosciuta su un treno che canticchia Sufjan Stevens e giochicchia coi capelli. Poi magari uno si chiede: qual è il senso di tutte quelle canzoni un po’ dolci, un po’ musical, di quelle fantasie un po’ stravaganti e mai invasive? Naturalmente non c’è ragione, ma c’è tutto il tempo per scoprirlo. Basta chiudere gli occhi, ascoltare Arrow e farsi un film da Frecciarossa.

2. Katia & Marielle Labèque, Gnossienne n. 3

A seconda dell’umore: o “che palle” o “che pallore di albe autunnali in campagna, con scheletri d’albero che pattinano su un tappeto di nebbiolina”. No, non è da tutti ascoltare un duo di sorelle pianiste francesi e chic che per un intero album ricompongono frammenti di Erik Satie (compositore loro connazionale, molto avanti alla fine dell’ottocento). Anche qui basta avere voglia di esplorare, meditare con la musica, immergersi nella storia del suono di polpastrelli che passeggiano lungo i boulevard del novecento.

**3. Charlotte Gainsbourg, Irm **

Lei, invece, è la pin-up di tutte le donne in trench. A volte si perde per strada (che ci faceva a farsi scopare e strapazzare in quel film di Lars Von Trier?), ma ogni volta ricompare in un nuovo arrondissement dell’immaginario. E rieccola cantante, a più di tre anni dal bellissimo 5:55, musicalmente diretto dagli Air. Stavolta il suo “muso” artistico è Beck, sacerdote della bassa fedeltà di culto, che nella title track la sottopone a risonanza magnetica e terapie percussivo/elettroniche. Lei reagisce bene: elettrizzata, autobiografica e magnetica.

Internazionale, numero 823, 27 novembre 2009

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