1. Frank Ocean, Wiseman

“Django was ill without it”: il film era fichissimo anche senza. Con questo epitaffio il talento statunitense del momento (black e gay e reduce dal debutto fulminante Channel orange) ha messo a disposizione (su SoundCloud o frank­ocean.net) la canzone commissionatagli per il polpetto-western tarantiniano, esclusa dal regista perché “non c’era la scena giusta”. Vero: non ci sono nel film momenti così toccanti e sinceri per questo pezzo da pelle di oca minimal, stile Forever in my life di Prince con scorzetta di Morricone. La hit muta di Django.

2. Tosca, Heatwave

Un po’ Another brick in the wall pt. 2 clubbing, un po’ andante da Audi in Autobahn tra Stuttgart e Vienna. Come Massive Attack mittel­europei, light come tweet pseudo-Haneke: con Odeon, cioccolatini miniSacher vellutati alle orecchie, tra bassi carezzevoli e sinuosa ambientronica e più voci maschili del solito, Richard Dorfmeister, già stranoto per i remix magheggiati con Peter Kruder, dà il meglio insieme allo sperimentale Rupert Huber: in passato il duo creava più atmosfere che altro, ma qui ci sono canzoni che rimangono dopo lo strudel chillout.

3. Viva Lion!, Footloose

La canzone di Kenny Loggins per l’omonimo film post-Flashdance del 1984: sempre provincia americana con love story dance positiva e liberatoria, ma al posto di Jennifer Beals c’era Kevin Bacon. Tormentone ballarock reaganiano vintage trasfigurato in una sorprendente chiave downtempo (con un tocco di studio session rollingstoniana finale a cura dei Velvet) da Viva Lion! alias Daniele Cardinale. Il cui esordio The green dot EP è un buon distillato di talento indie-folk reduce da pellegrinaggi e collaborazioni a non finire tra Roma Toronto e L.A.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it