Il fattore Putin influenza il voto in Europa e negli Stati Uniti
Qual è l’elemento in comune tra la vittoria a sorpresa di Donald Trump negli Stati Uniti e quella, altrettanto inattesa, di François Fillon al primo turno delle primarie di centrodestra in Francia il 20 novembre? Questi due uomini, che non hanno granché in comune, né il percorso politico né il temperamento o il programma, nutrono però la stessa ammirazione per il presidente russo Vladimir Putin.
Negli Stati Uniti il “fattore russo” ha inciso sulla campagna elettorale, quando l’amministrazione Obama ha accusato Mosca di voler influenzare il risultato delle elezioni piratando le email del Partito democratico e quelle di Hillary Clinton. Ma questo non ha impedito a Trump di continuare a elogiare Putin e a promettere, una volta eletto, di giungere a un “accordo” con il presidente russo in un periodo in cui le relazioni tra gli Stati Uniti e la Russia sono pessime.
In Francia la questione russa non è stata molto discussa durante la campagna del primo turno delle primarie del partito Républicains, ma è probabile che tornerà di attualità in occasione del secondo turno. Perché si tratta di una delle vere differenze di fondo tra François Fillon e il suo sfidante Alain Juppé. A differenza di Trump, Fillon conosce personalmente Putin, e le sue dichiarazioni molto favorevoli nei confronti del presidente russo, comprese quelle sui suoi metodi in Siria, sono basate su una reale conoscenza dell’uomo e su quello che egli incarna.
Incredibile capovolgimento di fronte
La situazione francese è ancora più paradossale perché se Fillon dovesse spuntarla tra i Républicains, il secondo turno delle elezioni presidenziali del maggio 2017 potrebbe opporre due candidati apertamente favorevoli al Cremlino: la dirigente del Front national Marine Le Pen e l’ex primo ministro Fillon. Questo duello sarebbe una “vittoria” per Putin, che avrebbe una reale capacità di influenza indipendentemente da chi vincesse.
Come spiegare questo incredibile capovolgimento di fronte in cui il padrone del Cremlino, che fino a poco tempo fa era considerato isolato da un punto di vista internazionale, potrebbe ritrovarsi nel 2017 con degli “amici” al potere in due delle principali capitali occidentali, Washington e Parigi? Si tratta senza dubbio di un grande cambiamento politico mondiale, non tanto in favore della Russia quanto in direzione di una linea conservatrice, spesso populista, che favorisce l’affermazione di quegli “uomini forti” di cui Putin è da anni l’incarnazione.
In Trump questa “putinofilia” è recente, e se in un primo momento era stata attribuita al suo primo direttore di campagna elettorale, uno specialista politico a lungo attivo in Ucraina nello schieramento filorusso, in seguito è diventata per il candidato repubblicano un modo per criticare la debolezza diplomatica di Obama e quindi di Hillary Clinton. Questa ammirazione è stata ripagata da una vera e propria campagna in suo favore da parte dei mezzi d’informazione di propaganda del potere russo – Rt, Sputnik e così via – che in questi ultimi anni hanno assunto un ruolo sempre più importante nel paese.
Fillon e Putin si conoscono bene e si apprezzano anche in privato
E una volta eletto, il miliardario non sembra intenzionato a voler cambiare direzione: il posto chiave di consigliere nazionale alla sicurezza è stato affidato al generale in pensione Michael Flynn, un ufficiale superiore molto controverso che meno di un anno fa ha cenato a Mosca allo stesso tavolo di Putin, e che è stato pagato per partecipare a un evento del media ufficiale russo Rt.
In Francia l’amicizia tra Fillon e Putin è più vecchia e risale al periodo in cui i due uomini erano entrambi primi ministri, Fillon durante il quinquennio Sarkozy, Putin mentre il suo uomo, Dmitrij Medvedev, occupava la poltrona di presidente russo (che gli avrebbe restituito nel 2012). Sarkozy invece aveva avuto un cattivo contatto iniziale con Putin e aveva creduto di trovare in Medvedev un interlocutore importante per aggirarlo.
Fillon e Putin si conoscono bene – si sono incontrati una quindicina di volte – e si apprezzano anche in privato. Nel 2014 L’Express raccontava che quando Fillon aveva perso sua madre, Putin gli aveva inviato una bottiglia del 1931, il suo anno di nascita, per consolare l’amico francese.
Damasco-Express
Ma è ovviamente in termini politici che va considerata questa relazione, in particolare per quanto riguarda la politica estera russa (ri)diventata molto attiva dopo la crisi ucraina del 2014-15 e dopo l’intervento russo in Siria poco più di un anno fa. Mentre François Hollande ha rifiutato di recente di ricevere Putin a causa del suo comportamento in Siria, una vittoria di Fillon rappresenterebbe una cambiamento radicale nelle relazioni diplomatiche francesi.
All’inizio del 2016, quando l’esito della candidatura di Fillon alle elezioni del 2017 era ancora molto incerto, si è unito al suo schieramento l’ex sarkozista Thierry Mariani, il più “putinofilo” dei politici francesi. Il capofila dell’ala destra dei Républicains è arrivato al punto di giustificare l’annessione della Crimea da parte della Russia ed è un habitué del “Damasco-Express”, i viaggi fatti da alcuni politici francesi per incontrare il presidente siriano Bashar al Assad, con cui l’intera diplomazia francese evita ogni rapporto.
In occasione della sua adesione allo schieramento Fillon nel febbraio 2016, Mariani spiegava: “In politica estera Fillon è il più costante e regolare nelle sue scelte, in particolare sulla Russia”.
Queste affermazioni si ritrovano nelle dichiarazioni di Fillon sull’azione della Russia in Siria: in un’intervista nel novembre 2015 dichiarava che ci si doveva “rallegrare del fatto che la Russia fosse intervenuta in Siria”. E ultimamente, mentre Mosca è molto criticata per i bombardamenti di massa sui quartieri di Aleppo ancora nelle mani dei ribelli, l’ex primo ministro ha sottolineato che “in Siria, Putin ha dato prova di un pragmatismo freddo ma efficace”. Inoltre Fillon ha rifiutato di usare il termine “massacro” a proposito dei bombardamenti della Russia e del regime di Damasco sugli ospedali e sui convogli umanitari ad Aleppo.
Il fascino bonapartista del potere
La benevolenza nei confronti del padrone del Cremlino la si ritrova anche più a destra, in particolare tra i rappresentanti del Front national, che non ha problemi a parlare dei finanziamenti ottenuti dalle banche russe. In un libro recente, La France russe (Fayard) sulle “reti di Putin in Francia”, il giornalista Nicolas Hénin dedica un intero capitolo – Le Pen veste Pravda – alle relazioni tra il movimento di estrema destra e la Russia di Putin.
Questo fascino, spiega Hénin, si basa “su una visione molto bonapartista del potere, sull’immagine di un uomo della provvidenza cara al fascismo e illustrata dall’agiografia su ‘Vladimir Bonaparte Putin’ che fa un parallelo tra la decadenza provocata dalla rivoluzione francese e quella provocata dalla caduta del muro”.
A ciò si aggiunge l’idea di un Putin che “prenderebbe la testa di un blocco nazionalista europeo di identità ebraicocristiana” come baluardo contro l’islam.
Nel 2011 Marine Le Pen, citata da Hénin, aveva dichiarato di essere “forse l’unica in Francia a difendere la Russia” e un ex corrispondente della Pravda in Francia ha pubblicato un libro intitolato Marine Le Pen, perché la Russia ne ha bisogno. Nel 2016 l’amicizia con la Russia è ormai sostenuta anche da un peso massimo più “moderato” come Fillon.
Al di là degli aspetti di politica interna questa russofilia – o “putinofilia”, oggi i due termini hanno assunto lo stesso significato – che prende piede con Trump, con Fillon e con Le Pen ha importanti conseguenze geopolitiche. Volendo essere ottimisti, si potrebbe intravedere una possibilità per migliorare le difficili relazioni internazionali e combattere il terrorismo con un grande fronte unito; ma la realtà, più cinica e fredda, indica un riequilibro del mondo in favore dei regimi autoritari che trasgrediscono i diritti civili come mostra l’evoluzione interna in Russia. Benvenuti nel 2017, nel mondo di Vladimir Putin.
(Traduzione di Andrea De Ritis)