Ultimamente quando i dirigenti di Facebook e Twitter sono convocati dal congresso statunitense non è per parlare di affari o tecnologia, ma per discutere della manipolazione delle informazioni durante le elezioni. Sheryl Sandberg, direttrice operativa di Facebook, e Jack Dorsey, amministratore delegato di Twitter, si sono presentati mercoledì 5 settembre davanti ai parlamentari statunitensi – a due mesi dalle elezioni di medio termine negli Stati Uniti – per spiegare cosa hanno intenzione di fare per aiutare il regolare svolgimento del voto (ed evitare le ingerenze russe).

L’argomento è spinoso. Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, ha ammesso che più di cento milioni di statunitensi sono stati esposti, nel 2016, a contenuti sponsorizzati senza sapere che fossero legati alla Russia. Lo scandalo Cambridge Analytica della scorsa primavera ha svelato che milioni di profili Facebook erano stati strumentalizzati per portare a termine un’azione politica illecita a vantaggio di Donald Trump.

I social network hanno cercato di reagire agli scandali. Twitter ha cancellato milioni di profili gestiti da un bot, quindi falsi, oppure estremamente violenti, mentre Facebook ha rivisto le sue regole sulla privacy e ha assunto migliaia di moderatori. Eppure Sheryl Sandberg ha ammesso che i social network sono ancora “troppo lenti”.

In settimana Alex Stamos, ex responsabile per la sicurezza di Facebook, si è spinto ancora più in là sulla Cnn, sottolineando che nel 2018 siamo esattamente dove eravamo nel 2016, perché non è stato fatto nulla per contrastare l’ingerenza russa. Stamos ha messo in guardia contro la minaccia di una “vera guerra dell’informazione” in vista delle elezioni.

Il problema si ripresenta anche su questa sponda dell’Atlantico, dove in Francia un rapporto preparato da due centri di ricerca legati ai ministeri della difesa e degli esteri presenta alcune raccomandazioni per contrastare le notizie false, mentre a Bruxelles la Commissione si prepara a presentare agli stati una serie di proposte per proteggere le elezioni europee del maggio 2019.

Cosa possiamo fare? Prima di tutto dobbiamo capire cosa non dobbiamo fare, e il rapporto francese fa bene a sottolineare i rischi di quella che chiama “tentazione liberticida” dei governi. Un avvertimento assolutamente pertinente se pensiamo che la legge contro le fake news del governo francese è stata bocciata dal senato in estate.

In ogni caso gli stati hanno la responsabilità di garantire la trasparenza dell’informazione in un periodo elettorale. Come sottolinea il rapporto francese, l’obiettivo delle manipolazioni (chiunque ne sia responsabile, perché non sono soltanto i russi ad approfittarne) non è quello di convincere, ma piuttosto di “diffondere dubbi e confusione”.

Come diceva la filosofa Hannah Arendt ben prima della nascita di Facebook, “se tutti ti mentono sempre, la conseguenza non è che tu credi alle bugie, ma che nessuno crede più a nulla… E un popolo che non può più credere a nulla, non può neanche decidere. È privato non solo della capacità di agire ma anche della capacità di pensare e giudicare. E con un popolo così ci puoi fare quello che vuoi”.

Una frase che riassume una delle minacce più gravi che incombono sulla democrazia e per cui non esiste una risposta semplice.

Questa rubrica è uscita su France Inter. Traduzione di Andrea Sparacino.

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