Quindici anni fa, nel 2004, Parigi aveva illuminato la Tour Eiffel di rosso per festeggiare l’anno della Cina in Francia. All’epoca il mondo era ammaliato dalla creatività che proveniva da questo paese in piena trasformazione.

Questa visione ottimista della traiettoria cinese ha lasciato il passo alla diffidenza se non alla paura, soprattutto in Europa, davanti a un gigante ambivalente, capace di strappare centinaia di milioni di persone alla povertà, ma caratterizzato da un totalitarismo che si sperava potesse affievolirsi. Pechino non è riuscita a rassicurare il resto del mondo sul ruolo e sul comportamento della nuova superpotenza nel ventunesimo secolo.

Questo fallimento è dovuto in gran parte a un’inflessione strategica decisa dall’attuale leader supremo cinese, Xi Jinping.

La fine del potere “morbido”
Negli anni ottanta il vecchio leader Deng Xiaoping aveva dato un consiglio ai suoi successori alla guida del Partito comunista a proposito del loro approccio al resto del mondo: “Non mostrate la vostra forza e prendete tempo”.

Queste parole hanno segnato la dottrina ufficiale fino a quando Xi Jinping ha ritenuto che fosse arrivato il momento della Cina e che quindi non ci fosse più ragione di “nascondere la propria forza”. L’uomo di ferro che guida la Cina dal 2012 ha trasformato la postura cinese impostata sull’“ascesa pacifica”, come l’aveva descritta il suo predecessore, in un’affermazione della potenza cinese sulla scena mondiale.

Le nuove vie della seta promosse da Pechino sono il principale vettore di questa affermazione di potenza

Un esempio di questa volontà di affermazione: quattro anni fa la Cina ha pubblicato il suo piano “Cina 2025” che definisce i settori strategici in cui Pechino vorrebbe diventare leader globale, ovvero la robotica, l’intelligenza artificiale e altre tecnologie di punta. Il documento ha fatto scattare l’allarme in tutto l’occidente, che fino a quel momento aveva considerato la Cina come un paese in fase di recupero.
Nello stesso momento, l’acquisto da parte dei cinesi del pioniere tedesco della robotica, Kuka, ha sconvolto Berlino, soprattutto considerando che la reciprocità sarebbe stata impossibile.

Le nuove vie della seta promosse da Pechino sono il principale vettore di questa affermazione di potenza, una strategia d’influenza su scala mondiale.

In ordine sparso, gli occidentali hanno cominciato a reagire. Donald Trump ha fatto… il Donald Trump, scatenando una guerra commerciale ancora in corso. Gli europei, più lentamente e in ordine sparso, hanno anch’essi ridefinito la loro posizione.

La Commissione europea parla di “rivale sistemico” riferendosi alla Cina, mentre Emmanuel Macron proclama la fine dell’“ingenuità” europea. Più facile a dirsi che a farsi, considerando le divisioni dei 28 evidenziate dalla decisione italiana di partecipare alle “vie della seta” cinesi.

L’incontro del 26 marzo a Parigi tra Xi Jinping, Emmanuel Macron, Angela Merkel e Jean-Claude Juncker va considerato alla luce di questa ridefinizione dei rapporti di forza.

In questo momento l’obiettivo resta quello di evitare una guerra fredda come quella che sta tentando gli Stati Uniti, senza però lasciare che la Cina dia libero sfogo alle sue pulsioni egemoniche. Davvero è possibile seguire una via così stretta e tortuosa? La risposta arriverà da questo minivertice senza precedenti con il leader cinese.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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