Perché l’Europa, o anche solo la Francia, non si sostituiscono agli Stati Uniti per proteggere le popolazioni curde in Siria? La domanda si ripropone spesso da quando Donald Trump ha abbandonato, in modo brutale e sconvolgente, i combattenti curdi che avevano guidato la battaglia sul campo contro il gruppo Stato islamico (Is).
La realtà è tanto triste quanto semplice: né la Francia individualmente né l’Europa collettivamente hanno i mezzi per lanciare una simile operazione ad alto rischio, foss’anche limitata a obiettivi umanitari. Ma almeno la volontà politica ci sarebbe? Anche in questo caso la risposta è negativa, al livello collettivo.
La buona notizia è che tutti i paesi dell’Unione europea hanno reagito all’unisono condannando l’intervento turco, senza le tipiche dissonanze emerse in altre situazioni. Il 14 ottobre i ministri degli esteri dei 28 stati dell’Unione hanno chiesto all’unanimità la fine dei combattimenti e il ritiro delle truppe turche dalla Siria.
Autonomia strategica
La cattiva notizia, invece, è che l’Europa è una tigre di carta, senza un impatto reale in una situazione di crisi come quella in atto, come d’altronde lo è stata fin dall’inizio della guerra in Siria, otto anni fa.
La Francia mantiene un piccolo contingente sul campo, circa duemila soldati delle forze speciali che assicurano, accanto a statunitensi e britannici, la sicurezza delle zone curde. Ma la realtà geopolitica resta invariata: con il ritiro degli Stati Uniti, francesi e britannici non possono far altro che accodarsi. E infatti lo stanno facendo.
Duemila statunitensi erano sufficienti a tenere a distanza le forze avversarie, perché queste ultime sono perfettamente consapevoli della potenza di Washington, che si tratti della Turchia membro della Nato, della Russia che vuole evitare incidenti con la Casa Bianca o dell’Iran che non intende offrire un pretesto per uno scontro diretto.
Il 13 ottobre l’idea di condurre un’azione militare autonoma ha attraversato la mente delle autorità francesi, ma è stata subito scartata: troppo rischiosa e fuori portata dal punto di vista sia militare sia politico.
Alla base di questa impotenza europea ci sono sempre gli stessi due elementi: la mancanza di mezzi e la mancanza di volontà.
La Nato resta la cornice principale della difesa dell’Europa
Si parla spesso di difesa europea, ma ancora non si vede all’orizzonte, perché per decenni gli europei si sono accontentati dell’ombrello americano, mentre il discorso di un esercito europeo era considerato solo un residuato della grandezza passata. Ora Trump ha cambiato la situazione, portando avanti in modo caotico il disimpegno accennato da Obama. Con Trump è in discussione il concetto stesso di alleanza, che si parli di curdi, di estoni o di sudcoreani.
I 27 (in questo caso specifico 28) hanno ripreso la linea dell’”autonomia strategica” invocata dalla Francia e da altri paesi. Ma i piccoli passi compiuti sono del tutto insufficienti per avere effetti operativi. La Nato resta la cornice principale della difesa dell’Europa, anche se oggi l’onda d’urto dell’intervento turco mina profondamente l’alleanza atlantica.
Quelli che si lamentano perché l’Europa non è nelle condizioni di proporsi come forza di pace dovrebbero trovare un modo di garantire al vecchio continente i mezzi necessari, e non sarà possibile farlo da un giorno all’altro. Quantomeno possiamo ringraziare Donald Trump di averci ricordato la fragilità delle alleanze.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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