Il 22 aprile doveva essere un giorno importante per la Russia, con il referendum sulla riforma che permetterà a Vladimir Putin di conservare il potere fino al 2036. Il virus, però, ha fatto saltare i piani e ha rimandato il voto a data da destinarsi.
Lo stesso vale per la parata militare prevista per il 75º anniversario della caduta del nazismo, il prossimo 9 maggio, un evento prestigioso al quale era stato invitato il presidente francese Emmanuel Macron. La parata è stata annullata, e come se non bastasse i 15mila soldati che hanno partecipato alle prove generali sono stati messi in quarantena perché molti hanno contratto il virus.
Sono solo eventi simbolici, ma nel paese di Putin i simboli sono importanti. All’inizio di marzo la Russia sembrava risparmiata dalla pandemia e aveva tempestivamente chiuso la sua estesa frontiera con la Cina, paese alleato ma anche epicentro della pandemia.
Situazione simile nel mondo
Sei mesi più tardi i ruoli si sono invertiti. Oggi la Cina controlla scrupolosamente il confine settentrionale dopo la scoperta di un focolaio di covid-19 chiaramente arrivato dalla Siberia. In questi giorni la città di Harbin, a lungo controllata dalla Russia, è stata travolta da una seconda ondata di contagi “importati”.
La Russia è attualmente isolata, con più di 50mila casi e quattrocento decessi. Le cifre sono in aumento ed è probabile che il picco dell’epidemia non arriverà prima di alcune settimane. Negli ospedali di Mosca la situazione è la stessa che si ripresenta altrove nel mondo, con un sistema sanitario indebolito dall’economia, la corsa ai respiratori, operatori sanitari esausti, un primo medico deceduto e gli aiuti in arrivo dalla Cina.
Con il blocco dell’economia russa, gli ammortizzatori sociali si sono indeboliti. Il malcontento sociale è evidente.
Ma la Russia ha anche altri problemi. Il crollo del prezzo del petrolio colpisce le finanze più di quanto avesse previsto Putin quando aveva scatenato la guerra dei prezzi con l’Arabia Saudita.
Ormai da sei anni l’economia russa vive un clima di guerra causato dalle sanzioni imposte dall’occidente per punire l’annessione della Crimea, nel 2014. Mosca ha operato una svolta autarchica e dichiara di possedere riserve che le permetterebbero di resistere fino a sei anni con un prezzo del petrolio a livelli bassi.
Vero o falso che sia, il problema di Putin non riguarda tanto l’economia mondiale, quanto la situazione interna. Con il blocco dell’economia russa gli ammortizzatori sociali si sono indeboliti, e malgrado il presidente abbia promesso di versare tutti gli stipendi, il denaro arriva con il contagocce. Il malcontento sociale è un problema evidente.
Putin si trova in una situazione paradossale. Da un lato la sua onnipotenza è confermata dal fatto che i suoi critici devono accontentarsi di manifestazioni virtuali senza alcun impatto, mentre il prolungamento del suo mandato è stato già approvato dal parlamento.
Al contempo, però, il virus sta mettendo in discussione il suo potere assoluto, più di quanto Putin voglia ammettere. Basterà questo a renderlo più flessibile, come si augurava il 21 aprile un diplomatico occidentale? Putin non è certo famoso per la sua tendenza a lasciarsi indebolire dalle difficoltà…
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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