Se c’è un leader mondiale che non ha fatto parlare di sé nelle ultime settimane è Vladimir Putin. Il presidente russo è stato “colpito” dal virus, il primo “nemico” che abbia sottovalutato da decenni a questa parte.
In Russia il numero di contagi continua ad aumentare, tanto che oggi il paese è il terzo al mondo per casi accertati. Eppure Putin ha deciso di autorizzare la riapertura e sta rilanciando il suo programma politico.
Nonostante la pandemia, Putin ha riprogrammato i due grandi eventi annullati in primavera: la parata miliare per celebrare le vittoria sul nazismo, prevista per il 9 maggio e ora fissata per il 24 giugno, e il referendum costituzionale che gli permetterà di restare al potere fino al 2036, originariamente in programma ad aprile e rinviato al primo luglio, senza alcuna possibilità di condurre una campagna elettorale (pro o contro) a causa del covid-19.
I due pilastri
Mentre i sondaggi rivelano il profondo disincanto dei russi, dovuto alla gestione approssimativa dell’epidemia e ai problemi finanziari causati dal crollo del prezzo degli idrocarburi, Putin spinge sull’acceleratore del patriottismo e di una continuità che sarebbe garanzia di stabilità.
La popolarità incontestabile del presidente si basa su due pilastri. Per prima cosa Putin è considerato l’architetto della ripresa della Russia dopo gli anni di Eltsin, e in secondo luogo ha saputo restituire un certo orgoglio ai russi riportando l’ex impero al ruolo di potenza magari non rispettata, ma sicuramente temuta. E pazienza se questo orgoglio nasce da avventure militari insanguinate, in Siria come in Ucraina.
La brutale manovra di riconquista, che Mosca sta proseguendo in Libia, si paga con un relativo isolamento
Il mondo, o comunque una parte del mondo, è diventato il teatro della rinascita militare della Russia, considerata ben più importante di quella economica o sociale, parenti povere del “putinismo”. La popolazione si rende conto di questo squilibrio nei momenti difficili, come quello portato dal covid-19.
La brutale manovra di riconquista di Mosca, che sta proseguendo in Libia, si paga con un relativo isolamento. Quando Donald Trump ha proposto di invitare Putin a un vertice del G7, si è scontrato con il doppio veto del Regno Unito e del Canada. Resta il rapporto tra Mosca e la Cina, che comunque presenta una serie interrogativi.
Il grande paradosso della rivalità sino-americana, che sta plasmando i rapporti internazionali a lungo termine, è che esclude nei fatti la Russia, la superpotenza del passato. È facile immaginare che Putin non gradisca l’idea di essere un partner di minoranza nell’asse con la Cina.
Per il momento, però, il leader del Cremlino non ha altra scelta politica e soprattutto economica se non quella di appoggiarsi alla potenza cinese, diventata nell’arco di vent’anni ben superiore rispetto a quella della Russia.
Emmanuel Macron aveva scommesso sulla riapertura del dialogo con Mosca per riportare la Russia nell’orbita europea, ma allo stato attuale sembra una prospettiva lontana. Il presidente francese, che avrebbe dovuto presenziare alla sfilata del 9 maggio, non sarà nella piazza Rossa il 24 giugno, perché non è stato invitato. L’uscita dalla “quarantena diplomatica” della Russia, evidentemente, non è ancora arrivata.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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