Il capo della diplomazia statunitense Mike Pompeo è andato dritto al sodo, invitando in settimana il Regno Unito a “scegliere da che parte stare”. Naturalmente l’argomento sono i rapporti con la Cina e – come all’epoca della guerra fredda originale, quella con l’Urss – l’amministrazione americana non tollera tentennamenti, soprattutto da parte degli alleati storici.
Il primo ministro britannico Boris Johnson, per cui Donald Trump si è speso in grandi complimenti, si trova in una situazione delicata, preso in mezzo nello scontro sempre più duro tra Cina e Stati Uniti.
All’origine delle parole di Pompeo c’è un intervento dell’ambasciatore cinese a Londra, Liu Xiaoming. L’ambasciatore, infatti, ha avvertito il governo britannico che se davvero procederà, come lasciato intendere, all’esclusione delle infrastrutture di Huawei dal suo territorio, seguiranno rappresaglie da parte di Pechino.
Il governo cinese, ha sottolineato Liu, non sarà più nelle condizioni di partecipare al progetto di costruzione di nuove centrali nucleari nel Regno Unito (in cui un’azienda cinese collabora con la francese Edf) né a quello per la costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità, già in fase di trattativa avanzata.
Il colpo di grazia è arrivato quando il governo ha offerto la cittadinanza britannica a tre milioni di residenti di Hong Kong
Il Regno Unito è in prima linea anche a causa della Brexit. All’epoca del referendum del 2016 i sostenitori dell’uscita dall’Unione europea scommettevano che una volta “liberi”, i britannici sarebbero stati nelle condizioni ideali per trarre grandi benefici sia dal mercato cinese sia da quello statunitense.
Evidentemente non avevano previsto la tensione attuale, a cui Londra non riesce a sfuggire. All’inizio dell’anno il Regno Unito aveva annunciato che l’azienda cinese Huawei avrebbe partecipato, a determinate condizioni, alla costruzione della rete 5g del paese.
Ma da allora l’amministrazione Trump ha trasformato la Cina nell’obiettivo numero uno degli Stati Uniti, minacciando i britannici, in caso di accordo con Huawei, di privarli dell’accesso alle informazioni condivise dalla rete Five eyes (cinque occhi), di cui fanno parte i paesi anglosassoni.
Il colpo di grazia è arrivato con la legge sulla sicurezza adottata da Pechino per Hong Kong, ex colonia britannica su cui Londra conserva una responsabilità non soltanto morale, ma anche legale. Il governo britannico ha protestato e si è offerto di accogliere tre milioni di residenti di Hong Kong, indisponendo Pechino. Ora Pompeo ha gettato altra benzina su un fuoco ben vivo.
In Francia si ha ormai l’impressione che il Regno Unito, anziché emanciparsi, rischi di essere “soggiogato”. Il problema è che l’imbarazzo britannico rischia di ripresentarsi anche in Europa. I paesi dell’Ue hanno sicuramente la forza di un blocco commerciale importante, ma anche la debolezza dovuta alla loro incapacità di portare avanti una politica estera coerente, in particolare nei confronti della Cina.
L’Europa vuole chiaramente evitare di farsi trascinare nella crociata anticinese di Trump, ma non può certo chiudere gli occhi davanti agli eccessi di Pechino, come l’assunzione del controllo di Hong Kong o le manovre di disinformazione sul suo territorio. Tra l’altro l’Unione ha anche interessi specifici da difendere.
In un mondo dominato da due grandi poli è estremamente difficile trovare una via di mezzo, e ancora più difficile è mantenere un’equidistanza, come dimostra l’esempio britannico. Questa è la sfida più difficile che attende gli europei.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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