La Cina spara a zero su tutti quelli che la criticano per la morsa su Hong Kong: Pechino ha attaccato con parole durissime l’Australia, il Regno Unito e naturalmente gli Stati Uniti di Donald Trump, che rispondono per le rime.
Tuttavia, in questa guerra verbale, Pechino ha relativamente risparmiato l’Unione europea. Anche i 27 hanno condannato la legge sulla sicurezza imposta dal regime cinese a Hong Kong, ma lo hanno fatto in modo più prudente e hanno evitato qualsiasi tipo di sanzioni.
È possibile che esista un gioco diplomatico sottile tra la Cina e l’Europa, proprio mentre emerge una divisione sempre più netta tra Pechino e quello che un tempo chiamavamo l’occidente?
Da poco più di un anno l’Unione ha inasprito i toni con la Cina, sia nelle trattative economiche sia in quelle politiche. Un documento della Commissione europea pubblicato nella primavera del 2019 aveva sorpreso Pechino parlando della Cina come di un “rivale sistemico”. Il mese scorso, nel corso di un vertice sino-europeo organizzato in videoconferenza, i leader dell’Unione hanno dichiarato che “i diritti umani e le libertà fondamentali non sono negoziabili”.
Forse la Cina ha stabilito che non può essere in guerra con il mondo intero, e vuole trattare con un occhio di riguardo l’Unione europea
Tuttavia la traduzione di queste parole in atti concreti rappresenta un problema, soprattutto con un paese così potente come la Cina di oggi. A proposito di Hong Kong, il 13 luglio i ministri degli esteri dei 27 paesi europei dovranno esaminare un progetto franco-tedesco di risposta al colpo di mano da parte del regime cinese. Ma la prospettiva, a priori, non toglie il sonno a Pechino, e presumibilmente non provocherà il genere di minacce seguite all’annuncio da parte di Londra di voler offrire a tre milioni di cittadini di Hong Kong la possibilità di stabilirsi nel Regno Unito.
È possibile che Europa e Cina abbiano motivi per muoversi con cautela, anche se in questo momento l’inasprimento della politica cinese lascerebbe pensare a un deterioramento dei rapporti?
Forse la Cina ha stabilito che non può essere in guerra con il mondo intero, e che magari trattare con un occhio di riguardo l’Unione europea rispetto ai paesi anglosassoni potrebbe presentare alcuni vantaggi?
Sul fronte europeo è evidente la volontà di non lasciarsi trascinare nella guerra fredda voluta da Trump e di trovare un modo per non allinearsi con le posizioni di Washington, senza però chiudere gli occhi davanti alla deriva autoritaria di Pechino.
Questa posizione è molto difficile da mantenere, perché solleva la questione del ruolo della Cina nel mondo, dei rapporti di forza tra le grandi potenze e della coerenza dell’Europa. Ormai è chiaro che buona parte del mondo del futuro si baserà su come sarà affrontato il “problema Cina”.
Possiamo immaginare che alla fine, come già accaduto ai tempi della guerra fredda, bisognerà scegliere tra il “contenimento” di una Cina giudicata troppo aggressiva, e la “distensione”, ovvero un dialogo senza illusioni ma con piccoli passi avanti?
Per il momento la furia di Trump spinge gli europei verso “la distensione”, con una critica nei confronti della Cina senza però tagliare i ponti. Ma qualsiasi politica deve essere subordinata ai risultati, e in questo caso gli europei dovranno dimostrare che la loro strategia è in grado di avere effetti concreti. Non è detto che sia così.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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