Ormai è la sfida principale per ogni nuovo presidente degli Stati Uniti: definire una “politica cinese”. Il rapporto tra Washington e Pechino, infatti, è il fulcro delle relazioni internazionali del ventunesimo secolo.
La Cina non ha ancora reagito ufficialmente alla vittoria di Joe Biden. Questa scelta, naturalmente, non è stata dettata dalla volontà di evitare l’ira di Donald Trump, ma dal fatto che i rapporti tra i due giganti sono diventati talmente conflittuali che il governo cinese preferisce tergiversare.
Biden ha un vantaggio su Trump: conosce la Cina da più tempo. Il suo primo soggiorno, infatti, risale al 1972, quando era un giovane senatore e i due paesi avevano appena stabilito un rapporto diplomatico. In seguito, come vicepresidente, Barack Obama l’ha incaricato di sviluppare le relazioni con Xi Jinping, allora discreto numero due cinese che si preparava a diventare il numero uno.
Biden ha dichiarato che quello con la Cina sarà il rapporto internazionale più importante per gli Stati Uniti. Questo però non significa che la posizione di Washington sarà più “morbida”, come ha prontamente insinuato Trump.
In un testo pubblicato dalla rivista Foreign Affairs a marzo, Biden ha riconosciuto che bisogna “inasprire i toni” rispetto alla Cina. Sicuramente si tratta dell’unica concessione fatta a un’iniziativa di Trump.
Joe Biden ha posto l’accento sui diritti umani in Cina, ma fino a che punto intende spingersi?
Tuttavia Biden contesta i metodi usati dal suo predecessore, a cominciare dall’assenza di coordinamento con gli alleati degli Stati Uniti, in Europa e in Asia. È probabile che tutte le discussioni con la nuova amministrazione comprenderanno una parentesi dedicata alla Cina.
A questo punto i leader cinesi vorrebbero capire qual è l’obiettivo di Biden. Trump aveva dato l’impressione di considerare la “guerra fredda” con la Cina un obiettivo in sé, adottando una diplomazia a tratti basata sulla transazione (per vendere più soia americana) a tratti punitiva. L’efficacia del metodo era già discutibile prima che il covid-19 sparigliasse le carte.
Joe Biden ha posto l’accento sui diritti umani, ma fino a che punto intende spingersi? Il nuovo presidente promette di raccogliere la sfida politica, tecnologica e militare lanciata da Pechino. Tuttavia in Cina c’è chi vorrebbe credere che Biden lascerà un margine di collaborazione.
Riuscirà Biden a riaprire un dialogo con la Cina? Inizialmente sarà piuttosto complicato, perché la lista dei contenziosi è piuttosto lunga. Inoltre la priorità del nuovo presidente sarà quella di rimettere in sesto gli Stati Uniti.
Ma Biden è un uomo pragmatico, ed è probabile che, se sarà seguito dai suoi alleati e manterrà il consenso trasversale sulla politica cinese che esiste oggi negli Stati Uniti, tenterà un’apertura.
La palla passerà nel campo di Pechino. Al momento i leader cinesi sembrano non aver ancora capito che per impedire il deterioramento dei loro rapporti con l’occidente bisognerà accettare regole del gioco diverse.
In Cina Xi Jinping pone l’accento sull’autosufficienza tecnologica, convinto che il miglioramento dei rapporti sia lontano e che gli Stati Uniti si trovino in una fase di decadenza.
Il rischio, oggi, è che il cambio della guardia a Washington si trasformi in un’occasione mancata per evitare una rivalità sistemica dalle conseguenze imprevedibili.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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