I vaccini hanno una nazionalità? Evidentemente sì. Per accorgersene basta seguire i dibattiti sull’argomento in corso fin dall’inizio della pandemia e soprattutto dopo la comparsa del primo vaccino anticovid. Esistono sicuramente una “diplomazia e un nazionalismo dei vaccini”, e perfino un “potere morbido dei vaccini”, ovvero la capacità di sfruttarli per guadagnare in influenza.

Se c’è un paese che ha capito prima degli altri questo meccanismo è sicuramente la Cina, lo stato in cui è emerso il virus. Oggi Pechino vuole imporsi come la soluzione, con tutti i vantaggi politici che ne derivano. Il 6 febbraio un primo aereo Ethiopian Airlines ha viaggiato dalla capitale cinese ad Addis Abeba carico di dosi di vaccino, successivamente trasportate in Ciad.

È l’inizio di un ponte aereo organizzato dalla compagnia aerea etiope e da una filiale del gigante online cinese Alibaba. Il vaccino dell’azienda statale Sinovac è così il primo ad aver raggiunto paesi e popolazioni finora esclusi dalla frenesia vaccinale che ha travolto soprattutto il nord del mondo. È una buona notizia per le persone, ma sarebbe ingenuo ignorarne la dimensione politica.

Il miglior amico dell’Africa
Ormai da vent’anni la Cina è molto presente in Africa, dove ha portato la sua “nuova via della seta”. Oggi Pechino è il primo partner commerciale della maggior parte dei paesi africani. Tuttavia questa presenza non è sempre ben accetta, e il vaccino offre alla Cina l’occasione di presentarsi come “miglior amico dell’Africa”.

La missione è tanto più facile se consideriamo che gli europei e gli statunitensi stanno ancora affrontando la pandemia, mentre la Cina è riuscita a controllarla e ha meno urgenza di distribuire vaccini al suo interno. Il risultato è che oggi nessun paese occidentale è in grado di favorire la vaccinazione nei paesi più poveri. La promessa di un’azione collettiva (Covax) nel quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) non è stata ancora tradotta in un’attività concreta sul campo.

Per il momento sono i vaccini cinesi a conquistare le prime pagine dei giornali africani

Mentre i primi vaccini cinesi arrivavano in Africa, il presidente francese Emmanuel Macron era in videoconferenza con il direttore generale dell’Oms, il dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, per fare il punto sull’iniziativa Covax che dovrebbe fornire i vaccini ai paesi in via di sviluppo.

Macron, che si è impegnato molto in questa iniziativa avviata a maggio, ha chiesto che “i risultati tangibili dello sforzo collettivo” siano visibili al più presto. Ma per il momento sono i vaccini cinesi a conquistare le prime pagine dei giornali africani.

L’importante, evidentemente, è che tutti siano vaccinati, in modo da mettere un freno definitivo alla pandemia. Ma è altrettanto vero che il contrasto tra l’impegno di Pechino e l’assenza degli occidentali fornisce munizioni alla propaganda cinese.

Un successo della Cina in Africa – ma anche in altre aree del mondo prive di vaccini, come i Balcani o l’Ungheria – regalerà a Pechino una vittoria preziosa del “soft power”, ovvero quella capacità di influenza “morbida” che al momento le manca. Nel “mondo post covid” la Cina non solo emergerà rafforzata (nel 2020 è stata l’unico grande paese in crescita) ma potrà presentarsi come quella che ha aiutato il pianeta a superare l’emergenza. Questo, inevitabilmente, avrà un grande peso sulla ridefinizione degli equilibri geopolitici di domani.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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