Il Montenegro, una delle repubbliche dell’ex Jugoslavia, è indipendente dal 2006. Nel 2014 il governo ha firmato un contratto con la Cina per la costruzione di un’autostrada, accettando un prestito cinese da un miliardo di dollari. Oggi il piccolo stato balcanico, con una popolazione di 600mila abitanti, non può ripagare il debito e chiede aiuto all’Unione europea.
È un caso tipico della cosiddetta “trappola del debito” di cui viene accusata spesso la Cina a proposito delle “nuove vie della seta”, il grande progetto che prevede la costruzione di infrastrutture in cambio di un indebitamento massiccio con Pechino.
Il nuovo governo montenegrino si è insediato l’anno scorso dopo aver sconfitto alle elezioni il partito che deteneva il potere da trent’anni, dunque non è responsabile per il prestito contratto con la Cina. Resta il fatto che la prima rata del pagamento scadrà a luglio. Nel frattempo l’autostrada non è ancora completata e lo stato, in crisi, non è in condizioni di pagare. Il rischio è quello di dover concedere a Pechino terreni statali.
In un’intervista pubblicata dal Financial Times il ministro delle finanze montenegrino Milojko Spajić ha chiesto all’Unione europea un aiuto per rimborsare la Cina. “Sarebbe una vittoria facile” per l’Europa, ha dichiarato Spajić senza nascondere la volontà di giocare sulle rivalità geopolitiche per permettere al suo paese di superare le difficoltà.
Lontano dai riflettori, i Balcani e l’Europa centrale sono il teatro di battaglie d’influenza molto rilevanti. Alla tradizionale presenza russa si è aggiunta quella della Cina, che considera l’area come una porta d’ingresso al vecchio continente. A partire dal 2012 Pechino ha creato una struttura di dialogo chiamata “17+1”, in cui “1” è la Cina mentre tra i “17” troviamo paesi dell’Unione come l’Ungheria e la Grecia e altri che non ne fanno parte, situati soprattutto nei Balcani occidentali.
A Bruxelles sottolineano la difficoltà amministrativa e politica di rimborsare prestiti di un paese terzo
A colpi di miliardi di dollari Pechino ha racimolato infrastrutture (come il porto del Pireo in Grecia) approfittando della crisi del debito e moltiplicando il credito nei Balcani per progetti che non avrebbero ottenuto altri finanziamenti. Un’influenza che ha inquietato sempre di più l’Europa.
Al momento non è ancora arrivata una risposta ufficiale dell’Unione all’appello del Montenegro, ma fonti da Bruxelles sottolineano la difficoltà amministrativa e politica di rimborsare prestiti di un paese terzo.
La posta in gioco è principalmente geopolitica, ed è in questo modo che dev’essere analizzata la vicenda. L’Europa ha ignorato per troppo tempo i Balcani, una zona instabile da tutti i punti di vista. Di recente gli europei si sono risvegliati adottando una strategia che apre una “prospettiva europea” per questi stati, con un lungo processo che potrebbe portare all’adesione. È proprio in nome di questo possibile ingresso nell’Unione che il Montenegro ha lanciato la sua richiesta d’aiuto.
L’11 aprile François Heisbourg, ex presidente dell’Istituto internazionale di studi strategici di Londra, ha scritto su Twitter che l’Ue dovrebbe aiutare il Montenegro a liberarsi del creditore cinese, chiedendo in cambio una maggiore trasparenza sulla gestione del progetto e possibilmente un’inchiesta su eventuali episodi di corruzione.
La vicenda va seguita attentamente, perché rivelerà la capacità dell’Unione di affrontare una guerra per l’influenza che si combatte nel suo cortile.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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