Dopo il missile ipersonico cinese, ecco il missile nordcoreano lanciato il 19 ottobre da un sottomarino. Il regime di Pyongyang ama ricordare la sua presenza ai vicini attraverso test militari che rappresentano violazioni palesi delle risoluzioni dell’Onu, cosa che però non sembra turbare il leader Kim Jong-un.

Il momento dei test, solitamente, è significativo: stavolta la Corea del Nord ha scelto il giorno in cui i responsabili dei servizi d’intelligence statunitensi, giapponesi e sudcoreani si sono riuniti a Seoul per parlare proprio della Corea del Nord, tra l’altro a un mese dal lancio di un missile simile da un sottomarino sudcoreano. Si tratta di una tecnologia su cui pochi paesi al mondo possono contare.

Potenza nucleare, la Corea del Nord prosegue il suo programma missilistico che la rende tanto temuta quanto insensibile alle pressioni. L’investimento colossale negli armamenti viene fatto a scapito del benessere della popolazione, ma in questo regime comunista e dinastico non è tollerata alcuna opposizione.

L’Asia è al centro della più intensa corsa agli armamenti del mondo: Cina, Taiwan, le due Coree, Giappone, India e anche l’Australia con la vicenda dei sottomarini… Per non parlare degli Stati Uniti che concentrano nella regione una potenza di fuoco considerevole, destinata a “contenere” la potenza emergente cinese.

Il gioco regionale è particolarmente complesso. La Cina e la Corea del Nord sono alleati ambigui, avvicinati da un’ostilità condivisa rispetto alla presenza degli Stati Uniti nella regione. Ma Pechino e Pyongyang non sono legate da una logica di alleanza come accadeva ai tempi della guerra di Corea. Le affinità ideologiche, infatti, sono molto meno rilevanti rispetto agli interessi comuni.

Eppure è significativo che il 1 ottobre la Cina abbia mandato in sala, per la sua festa nazionale, un film dal budget enorme, La battaglia del lago
Changjin, che ricostruisce la prima battaglia tra l’esercito cinese e quello statunitense, nel 1950, durante la guerra di Corea.

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Si tratta dell’unico confronto diretto tra gli eserciti dei due paesi. Il film non smorzerà certo i toni. La battaglia nel bacino di Chosin, infatti, per gli Stati Uniti rappresenta una delle più cocenti sconfitte del ventesimo secolo. All’epoca l’esercito cinese colse di sorpresa l’avversario, mal equipaggiato per affrontare il freddo estremo. Il film ridicolizza il generale MacArthur, eroe della guerra del Pacifico che commise l’errore strategico di non credere che la Cina sarebbe intervenuta per salvare il regime comunista nordcoreano.

Quasi contemporaneamente all’uscita del film, il giornalista cinese Luo Changpin è stato arrestato per aver osato metter in dubbio sui social network la giustificazione dell’ingresso in guerra della Cina nel 1950. Il quotidiano nazionalista Global Times ha definito “blasfemo” qualsiasi tentativo di rimettere in discussione il sacrificio dei soldati cinesi.

Quando la guerra produce un linguaggio religioso non c’è più spazio per la ragione. In un simile clima la corsa agli armamenti su tutti i fronti riceverà inevitabilmente la legittimità necessaria. Con tutte le conseguenze del caso.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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