Per comprendere le tensioni attorno all’Ucraina è utile fare un passo indietro nel tempo, e precisamente a trent’anni fa, al dicembre 1991, quando andò in scena il crollo dell’Unione Sovietica. In un prezioso libro-testimonianza Andrej Gracev, ultimo portavoce di Michail Gorbaciov in quei giorni folli di dicembre, racconta “il giorno in cui l’Urss è sparita” (è anche il titolo del libro), traendo alcuni insegnamenti che risultano assolutamente pertinenti in un momento in cui le truppe russe si ammassano alla frontiera con l’Ucraina.
Gracev, che oggi vive in Francia, ritorna su alcune scene dimenticate o poco note, come la riunione dei tre presidenti delle repubbliche slave – il russo Boris Eltsin, l’ucraino Leonid Kravčuk e il bielorusso Stanislaŭ Šuškevič – in una dacia isolata, dove tra una sauna e l’altra decisero di liquidare l’Unione Sovietica.
“A un certo punto, quando si parlò della delimitazione delle frontiere, per precauzione Kravčuk pose a Eltsin la seguente domanda: ‘Che ne facciamo della Crimea, Boris Nikolaevič?’. Eltsin, di buon umore e deciso a premiare l’Ucraina per il suo apporto inestimabile alla realizzazione del suo sogno, la liberazione dall’alleanza forzata con Gorbaciov, rispose magnanimo: ‘Prenditela!’”.
Sappiamo bene com’è andata a finire. Nel 2014, quando l’Ucraina ha vissuto la rivoluzione di piazza Maidan, Vladimir Putin ha occupato e annesso la Crimea, provocando le sanzioni occidentali e l’inizio di un periodo di conflitto in Ucraina orientale che dura ancora oggi.Nel suo libro Gracev ricorda una frase con cui nel 2005 Putin definì il crollo dell’Urss come “la più grande catastrofe geopolitica del ventesimo secolo”, aggiungendo che “chi non rimpiange l’Unione Sovietica non ha cuore, ma chi vorrebbe ricostruirla non ha testa”.
Tuttavia, come sottolinea Gracev, in seguito Putin ha seguito una politica che ha portato la Russia a occupare territori russofoni in Ucraina, Georgia e Moldavia, a inviare i suoi caschi blu tra Azerbaigian e Armenia e in generale a mostrare un grande attivismo in buona parte dell’ex impero sovietico.
L’ex consigliere del Cremlino rivela che nel nuovo disordine mondiale “lo spettro della defunta Unione Sovietica torna nello spirito e nella pratica politica della Russia postcomunista”. Gracev aggiunge che Putin, proveniente dalla scuola del Kgb, sa benissimo che “la Russia viene ascoltata e compresa” dagli occidentali “solo quando fa paura”. È il caso del momento attuale.
Riecheggiando questa analisi, un funzionario occidentale impegnato nella trattativa degli ultimi giorni sull’Ucraina confessa che “Putin ritiene che l’Ucraina gli appartenga”. Trent’anni dopo la morte dell’Urss che Gorbaciov non era riuscito a salvare, Putin ha rimesso in marcia la storia, e andrà avanti fino a quando qualcuno non lo fermerà.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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