Vladimir Putin sarà felice di ciò che ha provocato: i paesi occidentali non riescono a restare uniti e coerenti davanti alla crisi innescata dalla Russia in Ucraina.
Bisogna dire che la situazione non è paritaria: da un lato c’è un uomo solo, l’autocrate di una potenza nucleare che può ammassare centomila soldati e i relativi equipaggiamenti alla frontiera di uno dei paesi vicini ed è pronta a dichiarare guerra. O quantomeno è abbastanza credibile da spingere il resto del mondo a temere un conflitto.
Dall’altro lato, invece, troviamo un’alleanza di paesi che non sono pronti al conflitto, a cominciare dagli Stati Uniti che hanno appena celebrato il primo Natale senza guerre degli ultimi vent’anni. In mezzo c’è l’Ucraina, un pezzo dell’ex impero sovietico che Putin non considera come un paese indipendente e vuole sottomettere al suo controllo, con le buone o con le cattive. Questa situazione ai confini orientali dell’Unione europea genera tensioni mai viste negli ultimi trent’anni, e questo spiega gli stridori degli ultimi giorni.
Il 20 gennaio Joe Biden è intervenuto per correggere il tiro dopo una gaffe del giorno prima. Il presidente degli Stati Uniti aveva lasciato intendere che se la Russia si fosse accontentata di una “piccola incursione” in Ucraina il fatto non sarebbe stato troppo grave. Il presidente ucraino Volodimyr Zelenskij ha risposto per le rime: “Vorrei ricordare alle grandi potenze che non esistono piccole incursioni né piccole nazioni, e nemmeno piccole perdite”.
Le divergenze sono inevitabili, perché Putin ha davanti paesi che hanno storie, interessi e situazioni politiche diverse
Il giorno successivo Biden è stato più chiaro: “Se anche solo un’unità russa dovesse penetrare in territorio ucraino sarebbe considerata come un’invasione”. Una precisazione necessaria, visto che il segretario di stato americano Anthony Blinken incontra il 21 gennaio a Ginevra il suo collega russo Sergej Lavrov.
Ma questo non è l’unico scricchiolio. Emmanuel Macron ha fatto scalpore dopo il suo discorso a Strasburgo in cui ha proposto che gli europei definiscano una “nuova architettura di sicurezza per l’Europa” prima di presentarla alla Nato e successivamente alla Russia. Qualcuno ha pensato che si trattasse di un nuovo tentativo francese di indebolire la Nato e il 20 gennaio i diplomatici francesi hanno dovuto impegnarsi per calmare le acque.
Le divergenze sono inevitabili, perché Putin ha davanti paesi che hanno storie, interessi e situazioni politiche diverse, anche se condividono la stessa visione strategica nei confronti delle ambizioni russe.
Il caso della Germania è il più complesso, perché a Berlino c’è un nuovo governo che vuole essere più intransigente sui princìpi e contro gli autocrati ma non può ignorare la propria dipendenza dal gas russo in un momento in cui il prezzo dell’energia è schizzato alle stelle.
La ministra degli esteri tedesca, l’ecologista Annalena Baerbock, di ritorno da Mosca, ha avvertito che in caso di invasione dell’Ucraina la Germania prenderà provvedimenti che avranno un costo per il paese. Il pensiero va subito al gasdotto Nord stream 2, su cui Angela Merkel non ha mai voluto fare marcia indietro. Ma su questo punto la coalizione è tutt’altro che compatta.
Al di là delle divergenze, gli occidentali condividono l’idea che la situazione in Ucraina rischi di definire il mondo dei prossimi anni: cedere a Putin cambierebbe a lungo termine i rapporti internazionali. Questo rende il periodo attuale estremamente pericoloso. La posta in gioco è considerevole.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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