Nessun leader occidentale lo ammetterà mai, ma Vladimir Putin ha vinto, almeno nel breve termine. La guerra massiccia scatenata dal presidente russo sull’intero territorio ucraino mette uno di fronte all’altro due eserciti asimmetrici. La battaglia è chiaramente impari.

La mobilitazione diplomatica in corso dal 24 febbraio – all’Onu, all’interno dell’Unione europea, nella Nato e al G7 – non avrà alcun impatto immediato su Putin, che ha deciso di passare all’azione con piena cognizione di causa.

L’arsenale di sanzioni adottato dagli statunitensi e dagli europei, come anche qualsiasi misura di rafforzamento dei dispositivi militari della Nato sul “fianco est” dell’alleanza o la consegna di armi all’Ucraina, non cambieranno immediatamente i rapporti di forze.

L’obiettivo di queste decisioni è prima di tutto quello di rassicurare i paesi del “fronte”, membri della Nato e dell’Unione europea e particolarmente preoccupati dall’offensiva russa perché in epoca sovietica sono stati dominati da Mosca. La Polonia, i tre stati baltici e quelli che si affacciano sul mar Nero hanno buoni motivi per temere una destabilizzazione in arrivo dall’est, e in questo contesto la Nato fa bene ad adottare un atteggiamento difensivo.

Cosa succederà una volta che la Russia avrà eliminato tutte le infrastrutture militari ucraine?

È verosimile che Putin abbia valutato le possibili sanzioni nel suo calcolo politico, anche perché è già stato colpito dopo l’annessione della Crimea ma anche per la guerra nel Donbass e per il tentativo di omicidio dell’oppositore Alexej Navalnyj. Questo, però, non gli impedisce di portare avanti la più palese violazione possibile del diritto internazionale.

La realtà è che gli occidentali pensano soprattutto al dopo. Cosa succederà una volta che la Russia avrà eliminato tutte le infrastrutture militari ucraine? L’esercito russo resterà nel paese come una forza d’occupazione, con il rischio di una resistenza che gli occidentali si preoccuperanno senza dubbio di alimentare? Oppure Putin nominerà un suo fedelissimo alla guida di un’Ucraina smembrata e distrutta?

Cambiare rapporti di forze
L’altra questione del dopo riguarda l’evoluzione del rapporto di forze con la Russia, un aspetto vitale in questo contesto. Vladimir Putin si sente nella posizione di rifiutare la diplomazia, di lanciare la sua offensiva e di minacciare implicitamente gli occidentali di un attacco nucleare. Questo perché si sente in grado di cambiare i rapporti di forze.

La credibilità degli Stati Uniti, appena usciti dalla disfatta in Afghanistan, e di un’Europa che Putin disprezza è minata da tre mesi caratterizzati da un braccio di ferro che si è concluso con questa guerra che nessuno è riuscito a impedire.

Molto dipenderà dalla forza reale delle sanzioni economiche, un’arma la cui efficacia è storicamente discutibile. Il test sarà tanto più importante se consideriamo che dietro la Russia c’è il problema Cina, ben più esistenziale per gli Stati Uniti. Se Washington uscirà indebolita dalla crisi in corso, il segnale potrebbe essere mal interpretato a Pechino.

Al di là dell’Ucraina, vittima di un dittatore che non abbiamo saputo fermare in tempo, in ballo c’è il futuro del mondo, quello della nuova guerra fredda di cui ha parlato il presidente Volodimyr Zelenskij, eroe tragico di questo conflitto che viene dal passato.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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