Nell’effervescenza diplomatica che circonda la guerra in Ucraina c’è un paese che occupa un posto a parte: è la Cina, potenziale áncora di salvezza di una Russia isolata e sanzionata. Alcuni, però, sperano che possa agevolare un’uscita dalla crisi.

Il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz parleranno oggi, 8 marzo, con il presidente cinese Xi Jinping. Ieri era toccato a Josep Borrell, capo della diplomazia europea, dialogare con il suo omologo cinese Wang Yi. Cosa possiamo attenderci da questi colloqui?

Le diplomazie occidentali si aggrappano all’idea che la Cina, in questo conflitto, non abbia gli stessi interessi della Russia, come dimostra l’astensione di Pechino in occasione del voto delle Nazioni Unite della settimana scorsa. La Cina ha bisogno di stabilità economica perché è pienamente coinvolta nella globalizzazione, mentre la Russia si limita a esportare materie prime. Il caos provocato dalla guerra non va bene per gli affari cinesi, e il governo preferirebbe un ritorno alla stabilità.

La Cina non approva il metodo impiegato dalla Russia contro l’Ucraina. Tuttavia, a parte l’astensione all’Onu, non ha fatto nulla per arginare Mosca

Ma questo non basta a trasformare la Cina in un alleato dell’occidente in questa crisi. Pensare il contrario sarebbe un controsenso. L’aspetto fondamentale è un altro: la Cina può contribuire alla soluzione o è parte del problema?

Pechino e Mosca non hanno stretto un’alleanza nel senso formale del termine, ma si definiscono reciprocamente “partner strategici”. Questo rapporto ha continuato a rafforzarsi nel corso dell’ultimo decennio, e la dichiarazione congiunta di Putin e Xi alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina lo ha dimostrato per l’ennesima volta.

La Cina non approva il metodo impiegato dalla Russia contro l’Ucraina, anche perché manteneva buoni rapporti con Kiev. Tuttavia, a parte l’astensione all’Onu, Pechino non ha fatto nulla per arginare Mosca. Soprattuto la Cina non si è unita alle sanzioni economiche contro la Russia e i due paesi condividono lo stesso obiettivo: cambiare i rapporti di forza con gli occidentali. Questa missione è all’origine di un clima da guerra fredda tra Pechino e Washington.

La situazione con la Russia è abbastanza grave da spingerci a coltivare qualsiasi speranza di un intervento capace di far cambiare idea a Putin. Gli statunitensi hanno addirittura condiviso con i cinesi le informazioni in loro possesso prima dell’invasione, nella speranza che potessero portare a un allentamento della tensione.

Ma la Cina è prudente, anche perché nel paese esiste una corrente nazionalista che simpatizza apertamente con Putin e i suoi metodi. Quando Didi, l’Uber cinese, ha annunciato la settimana scorsa il ritiro dal mercato russo a causa delle circostanze, la società è stata duramente criticata dagli internauti nazionalisti ed è stata costretta a fare marcia indietro.

In tutto questo è importante sottolineare che una Russia indebolita dalle sanzioni e da una guerra costosa sarà un partner “prigioniero” del gigante asiatico. Quando Visa ha privato la Russia dei suoi servizi finanziari, una grande banca russa ha firmato immediatamente un accordo con UnionPay, un equivalente cinese. La separazione tra Pechino e l’occidente, insomma, rischia di allargarsi.

Oggi la Cina è nella posizione di risultare il grande vincitore di questa crisi, a condizione che non sia percepita né come un piromane degli occidentali né come un partner inaffidabile da Mosca. Una porta stretta che purtroppo non contribuisce molto a risolvere il conflitto.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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