Con la guerra sul suolo europeo scatenata due settimane fa, Vladimir Putin ci sta spingendo verso un mondo diverso. La fase successiva alla guerra fredda non è stata certo tranquilla, tra terrorismo e guerre crudeli come quelle in Siria e in Yemen, ma finora non era successo niente di simile all’invasione dell’Ucraina da parte del secondo esercito del mondo, con due milioni di rifugiati e città assediate.

Questo nuovo mondo, che non sappiamo ancora come definire, è segnato prima di tutto dal ricorso alla forza per cambiare l’ordine internazionale. Tutti i tabù vengono infranti contemporaneamente, compreso quello supremo del ricorso all’arma atomica. È un momento vertiginoso, dalle conseguenze di grande rilievo.

La prima, inattesa, è il risveglio della vecchia Europa e il rafforzamento dei legami tra paesi che condividono l’adesione a un mondo fatto di regole e diritti (pur non sempre rispettati).

Per il momento, probabilmente, questo percorso non salverà l’Ucraina. I paesi della Nato, a cominciare dagli Stati Uniti, sono stati incapaci di scongiurare questa guerra. La loro forza di dissuasione appare smussata, e non sono pronti a superare la linea rossa del confronto con una potenza nucleare. Ne deriva un sentimento di impotenza relativa che non viene compensata dalle sanzioni e dall’aiuto militare garantito all’esercito ucraino.

Svolte epocali
L’impatto della guerra, però, è ancora più profondo. La Germania ha cambiato il suo orientamento in politica di difesa, un evento storico che va oltre la crisi ucraina. Lo stesso vale per la Svezia e la Finlandia, che ipotizzano di abbandonare la propria neutralità per entrare nella Nato. Si tratta di tendenze molto importanti.

La conclusione, che chiude un dibattito vecchio come l’Europa, è che la difesa europea si farà nel quadro della Nato o non si farà. Oggi, in Europa, non esiste un paese che ipotizzi una soluzione diversa davanti a un militarismo russo che fino a questo momento è stato sottovalutato.

Cosa può fare l’Europa in questo nuovo mondo? Molto più di quello che crede. Non c’è niente come un nemico comune per ridare vita a un’organizzazione disunita e offrirle una missione. Tra gli argomenti di discussione al vertice dei 27 in programma a Versailles il 10 e l’11 marzo ci sarà l’idea di un’Europa dell’energia (di cui appare lampante la necessità) e la creazione di un quadro di apertura ai paesi della periferia immediata, sia a est sia nei Balcani occidentali.

Putin potrebbe permettere all’Europa di realizzare quello che avrebbe dovuto fare da tempo, ricorrendo naturalmente all’appoggio degli Stati Uniti, ma senza adagiarsi in eterno sulla garanzia dell’ombrello americano, che non è più forte come in passato. Se davvero le cose andranno così, il presidente russo avrà ottenuto il risultato opposto rispetto a quello desiderato.

Ma prima di tutto bisognerà uscire da questa guerra e affrontare tutte le conseguenze di un mondo tornato a essere pericoloso (e lo sarà a lungo), a prescindere dall’esito del conflitto. L’Ucraina resterà un bivio, anche se ancora non sappiamo di preciso quale strada verrà intrapresa.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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