Oggi non c’è solo un paese in fase di distruzione, ma due. Il primo, l’Ucraina, è vittima dell’attacco dell’esercito russo, con le città trasformare in campi di battaglia. Ma anche la Russia subisce una forma di distruzione, o quantomeno di regressione mentale, economica e politica.

L’uomo che si trova al centro di entrambi i drammi, così diversi tra loro, è Vladimir Putin, il presidente russo che si è assunto la responsabilità di scatenare questa guerra. Il 16 marzo Putin ha pronunciato un discorso che indica un nuovo nemico, stavolta interno. I termini usati sono particolarmente inquietanti.

Il capo del Cremlino ha parlato in videoconferenza con tutti i governatori della Russia, scegliendo parole provenienti da un’epoca diversa, quella dello stalinismo e della guerra fredda, un’era che pensavamo conclusa. Putin ha attaccato la “quinta colonna”, ovvero il nemico interno, i “traditori della nazione” pronti a “vendere la patria”. Queste persone, secondo Putin, sono legate all’occidente e pensano che questo sia “il segno di appartenenza a una classe superiore”.

Putin vuole compattare la popolazione dietro quella che ha chiamato pudicamente “un’operazione militare speciale” (la parola “guerra” è vietata). Per questo motivo il presidente accusa di tradimento tuti quelli che si oppongono alla sua iniziativa, negando ogni spazio di contestazione.

La popolazione russa ascolta sempre lo stesso discorso dal 24 febbraio

C’è una frase particolarmente inquietante nel discorso di Putin: “Qualsiasi popolo, e in particolare quello russo, è capace di distinguere i veri patrioti dalla feccia e dai traditori, e sputare via questi ultimi come fossero mosche che gli sono finite in bocca. Sono convinto che questa purificazione naturale e necessaria della società non farà altro che rafforzare il nostro paese”.

La parola “purificazione” è la più spaventosa, perché lascia presagire il peggio per chiunque osi opporsi all’operazione in Ucraina. La popolazione russa ascolta un unico discorso dallo scorso 24 febbraio. I mezzi d’informazione indipendenti sono stati neutralizzati uno dopo l’altro. Centinaia di giornalisti russi hanno lasciato il paese. L’accesso alle piattaforme estere è bloccato. Opporsi alla guerra, che non può nemmeno essere nominata, è diventato molto rischioso. Ma d’altronde in Russia lo è qualsiasi forma di opposizione.

Nel suo discorso Putin ha dichiarato che attraverso l’Ucraina la Russia si scontra con l’occidente, obiettivo ideale e capro espiatorio per qualsiasi problema, dalle sanzioni al flusso di rifugiati. Putin si è persino domandato “chi sarà responsabile per i milioni di morti di fame nei paesi poveri a causa delle carenze alimentari?”. Naturalmente la sua risposta è “l’occidente”, non certo chi ha scatenato la guerra.

Questo discorso si aggiunge agli altri pronunciati dal presidente russo dall’inizio della crisi, con cui Putin ha negato l’esistenza dell’Ucraina e ha fatto appello a un’identità russa ripiegata su se stessa. In questo modo è riuscito a operare una trasformazione totalitaria del suo regime. A prescindere dall’esito della guerra, la Russia impiegherà anni, se non decenni, a riprendersi dai danni del “putinismo”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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