Il 24 febbraio scorso, quando Vladimir Putin ha dato il via all’invasione dell’Ucraina, Marine Le Pen ha rischiato di diventare una vittima collaterale della guerra. Il suo partito, infatti, aveva appena stampato un volantino elettorale che conteneva una foto dell’incontro tra Le Pen e il padrone del Cremlino nel 2017. E intanto la leader del Rassemblement national (Rn) ripeteva in tv che la Russia non aveva interesse ad attaccare l’Ucraina.

Sei settimane più tardi, la candidata dell’estrema destra è approdata al secondo turno ed è uscita indenne da una situazione potenzialmente devastante. Le Pen ha immediatamente condannato l’invasione, come hanno fatto anche Eric Zemmour e Jean-Luc Mélenchon, altri candidati al primo turno che avevano dichiarato di non credere alla possibilità di una guerra.

A pochi giorni dal secondo turno, Le Pen sta cercando di assumere una posizione meno netta rispetto a quella mantenuta prima del 24 febbraio, anche se i fondamenti del suo programma restano gli stessi, a cominciare dalla volontà di uscire dal comando integrato della Nato nonostante in questo momento l’alleanza sia giudicata fondamentale da numerosi paesi europei esposti alla minaccia russa.

Terreno sminato
Il 13 aprile, nella presentazione della sua politica estera, Le Pen ha proposto che al termine della guerra ci sia “un riavvicinamento strategico” tra la Nato e la Russia. È un invito inoffensivo, anche perché evidentemente lontano nel tempo in un momento in cui la guerra è ancora in pieno svolgimento.

Il 12 aprile, ai microfoni di Radio France Inter, la candidata dell’Rn aveva già fatto marcia indietro rispetto alle dichiarazioni rilasciate il 31 marzo, quando aveva proposto che Putin diventasse un “alleato” della Francia dopo la guerra. Le Pen ha precisato che come potenziale alleato intendeva la Russia, non il suo presidente. Inoltre l’opposizione di Le Pen alle sanzioni sull’energia contro la Russia non è dovuta alla volontà di proteggere Putin, ma al desiderio di evitare un aumento dei prezzi, un argomento molto sentito dall’elettorato.

Il tema del Cremlino non ha un grande peso nella motivazione degli elettori francesi

La leader dell’estrema destra sta dunque sminando il terreno in vista del dibattito televisivo con Emmanuel Macron, in programma il 20 aprile, in cui naturalmente si parlerà molto di Russia e Ucraina. I due candidati sono agli antipodi sull’avvenire dell’Europa, ma Le Pen ha operato un riposizionamento sulla Russia che la rende meno vulnerabile, se non sulle posizioni del passato.
Macron si trova in una condizione diversa a causa del suo ruolo di primo piano nella partita diplomatica della crisi russo-ucraina.

Paradossalmente il dialogo avviato dal presidente in carica con Putin durante il quinquennio e soprattutto negli ultimi mesi viene indicato da Le Pen come la prova di quanto sia necessario conservare i contatti con Mosca, anche se esiste una chiara differenza tra gli scambi tra capi di stato e una visita al Cremlino in piena campagna elettorale.

Nel corso del dibattito televisivo Macron cercherà di attaccare la rivale sui legami con la Russia di Putin o sul suo programma, che secondo il presidente indebolirebbe la difesa dell’Europa in un momento di crisi internazionale.

Ma la campagna elettorale del primo turno, quando l’emozione per le immagini provenienti dall’Ucraina era ancora viva, ha dimostrato che il tema non ha un grande peso nella motivazione degli elettori francesi, anche se si tratta di un argomento determinante per il futuro del paese.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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