“Non vi affannate”. È questo il messaggio inviato da Mosca ai potenziali mediatori nella guerra in Ucraina. Il 25 maggio la portavoce del ministero degli esteri russo ha respinto un piano italiano prima ancora che fosse presentato. Il ministro degli esteri italiano Luigi Di Maio lo aveva illustrato a grandi linee qualche giorno fa e ne aveva discusso con il segretario generale della Nazioni Unite Antonio Guterres. Una “sciocchezza”, ha commentato Marija Zakharova, la portavoce russa.
La diplomatica russa può mettere sul tavolo un argomento di peso: “Non potete con una mano fornire armi all’Ucraina e con l’altra presentare un piano per una soluzione politica”, ha dichiarato. Ma soprattutto Zakharova ha fatto presente che “se sperano che la Federazione russa salterà a causa di un piano occidentale non hanno capito nulla”.
Questa bocciatura brutale la dice lunga sullo spirito di Mosca, che non cerca alcuna via d’uscita onorevole a questa crisi, anche se proveniente da un paese tradizionalmente benevolo nei confronti della Russia come l’Italia.
Gioco al massacro
Qualche giorno fa un esperto russo, chiedendo di mantenere l’anonimato, ha fatto l’elenco dei potenziali mediatori, scartandoli tutti.
La Turchia? Ha ospitato il primo incontro ministeriale russo-ucraino, ma si è autoeliminata quando ha inviato droni all’Ucraina. Israele? È restato neutrale all’inizio del conflitto sperando di ricoprire un ruolo di primo piano, ma il capo del governo Naftali Bennett non ha lo stesso rapporto con Vladimir Putin che aveva Benjamin Netanyahu. E tra l’altro il capo della diplomazia russa Sergej Lavrov ha peggiorato le cose inventando antenati ebrei di Hitler.
L’esperto crede che la Cina potrebbe interpretare il ruolo in ragione dei suoi rapporti stretti con Putin e dei legami economici forti con l’Ucraina prima del conflitto, ma ritiene che Pechino non sia disposta a farlo.
Forse arriverà il giorno in cui Putin avrà bisogno di un mediatore
Questo gioco al massacro si conclude con il caso della Francia e di Emmanuel Macron, che ha mantenuto aperto un canale di comunicazione con il Cremlino. In questo caso il nostro esperto esita, e dice “perché no?”. Ma solo in un quadro multilaterale, ovvero con altri partner.
Esiste davvero la possibilità di una mediazione in questa fase della guerra? Questa è la vera domanda. I due contendenti non sembrano pronti: né la Russia, che registra per la prima volta alcuni successi militari in Donbass e non ha interesse ad accettare un cessate il fuoco, e nemmeno l’Ucraina, che si dice disposta a percorrere la strada diplomatica ma non a costo di una cessione di territori.
Il contesto non è assolutamente favorevole al minimo compromesso. Sul fronte ucraino parlare di mediazione è considerato un approccio che, dopo i massacri e i bombardamenti di civili, ricorda la conferenza di Monaco del 1938. La Russia, di contro, è arroccata sulla sua posizione di guerra totale contro l’occidente.
Ma le mediazioni non devono per forza attendere che tutti siano pronti ad accettarle. È importante esplorare le possibili direzioni di un accordo, nel caso in cui diventi fattibile. La storia delle mediazioni diplomatiche comprende più fallimenti che successi. Marija Zakharova, la portavoce russa, può anche parlare di “sciocchezze”, ma forse arriverà il giorno in cui persino Putin avrà bisogno di un mediatore.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it