Molti cinesi speravano che in occasione del ventesimo congresso del Partito comunista il leader Xi Jinping annunciasse un allentamento delle regole per la lotta contro il covid-19. Ma non è stato così. Al contrario, la pandemia è stata liquidata in una sola frase nel rapporto introduttivo del segretario generale, e questo nonostante la vita di decine di milioni di cinesi sia stata stravolta dalla ricerca spesso disumana dell’obiettivo “zero covid”.
In pieno congresso l’argomento ha fatto irruzione sui social network con il caso di una ragazza di 16 anni morta in un centro di quarantena nella provincia di Henan. La famiglia era collegata in video e ha dovuto assistere alle difficoltà respiratore e alle convulsioni della giovane.
La ragazza aveva tentato invano di contattare il centro di quarantena e anche il sindaco della città per comunicare il suo stato: nessuno è venuto ad aiutarla, fino a quando è morta. La famiglia ha pubblicato il video con le immagini strazianti di questo calvario solitario, con un commento che invoca “giustizia”. Secondo il quotidiano The Guardian il video è stato condiviso centinaia di migliaia di volte nonostante la censura.
Limiti superati
Il governo cinese si è arroccato su una strategia che in passato ha funzionato, ma che è stata sbaragliata dalla variante omicron. Il risultato è che nella provincia di Henan, dove vivono cento milioni di persone, poche decine di casi hanno comportato l’isolamento di intere città.
Il lockdown a cui sono stati sottoposti i 25 milioni di abitanti di Shanghai in primavera aveva scatenato la collera della popolazione: alcuni non avevano cibo a sufficienza e l’applicazione ossessiva e a volte brutale delle norme aveva superato il limite. Alla vigilia del ventesimo congresso, un manifestante solitario ha piantato una bandiera su un ponte molto frequentato di Pechino con uno slogan che reclamava la fine dell’isolamento. L’uomo è stato arrestato, ma il suo gesto eccezionale ha fatto scalpore. Ciononostante Xi Jinping è rimasto inflessibile. Nel suo rapporto il leader ha parlato di “risultati positivi e importanti”.
Il motivo di questa scelta è legato alla debolezza dei vaccini cinesi rispetto a omicron e al rifiuto di Pechino di accettare quelli statunitensi
I paesi asiatici hanno abbandonato uno dopo l’altro la politica zero covid e hanno aperto le frontiere, come la Corea del Sud o Taiwan. Ma non la Cina, che resta bloccata e impone l’isolamento a milioni di persone al minimo caso di positività.
Il motivo di questa scelta è legato alla debolezza dei vaccini cinesi rispetto a omicron e al rifiuto di Pechino di accettare quelli statunitensi. Secondo le informazioni in nostro possesso alcune aziende cinesi avrebbero addirittura avviato una trattativa con le compagnie farmaceutiche statunitensi per produrre i vaccini in Cina, ma si sono scontrate con un veto imposto dal loro governo. Di vaccini americani non se ne parla.
Questo perché il covid-19 è diventato una questione politica: Donald Trump aveva parlato di “virus cinese” all’inizio della pandemia, mentre in seguito Pechino si è vantata dei propri risultati laddove negli Stati Uniti sono morte più di un milione di persone. Mantenere la rotta è diventato un obiettivo per Xi, che non vuole assolutamente rischiare un’impennata mortale di contagi.
La strategia dello zero covid è inoltre una delle cause del rallentamento economico registrato quest’anno dalla Cina, ma Xi non ha potuto sconfessare la propria linea davanti al congresso del partito, lo stesso che l’ha incoronato per la terza volta. La ragazza morta nella provincia di Henan è una vittima collaterale di un sistema in passato pragmatico, ma che ha ceduto ai dettami dell’ideologia.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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