Le previsioni geopolitiche sono simili ai propositi per l’anno nuovo: meglio non controllare alla fine dell’anno quello che avevamo annunciato dodici mesi prima… Il 2022 ha sicuramente fatto saltare ogni pronostico, praticamente in ogni ambito. Di conseguenza provare ad anticipare gli eventi dell’anno prossimo sarebbe inutile, ma forse vale la pena cercare di trarre qualche insegnamento dagli eventi imprevisti del 2022, per prepararsi meglio al 2023.

Primo insegnamento: gli autocrati non sono infallibili. In passato, davanti a una Cina capace di abbinare crescita economica e totalitarismo, a una Russia che agiva impunemente in Siria e in Africa e a Donald Trump (che inseriamo volentieri nella categoria) apparentemente indistruttibile malgrado una serie infinita di cantonate, ci eravamo convinti del contrario. E invece il 2022 non è stato un anno positivo per gli autocrati. Soprattutto per Vladimir Putin, che ha tentato una “guerra lampo” in Ucraina e dieci mesi dopo si ritrova all’impasse e con decine di migliaia di morti; ma anche per Xi Jinping, che un mese dopo aver dominato il ventesimo congresso del Partito comunista è stato costretto a cancellare la sua politica zero covid a causa delle pressioni della popolazione, allontanandosi nettamente dal suo consueto modus operandi. L’infallibilità degli autocrati, dunque, è un mito. Questa consapevolezza non li rende meno pericolosi, ma quanto meno può spingerci a essere più lucidi e fiduciosi.

Secondo insegnamento: la vicenda rivelatrice della guerra in Ucraina ci ha dato la misura di quanto i paesi del sud siano stanchi di essere trattati come attori di secondo piano nella vita internazionale. In primo luogo questi paesi non accettano di ricevere lezioni morali dai paesi del nord, tra l’altro non esattamente immacolati da questo punto di vista.

Una sfida globale
È uno dei grandi shock del 2022: la neutralità (come minimo) del sud globale – come ormai viene chiamato quello che un tempo era il terzo mondo – davanti all’adesione scatenata dalla Russia. L’occidente pensava di poter presentare un “caso” inappuntabile di sovranità violata da parte di Mosca, ma i paesi del sud hanno risposto sottolineando che in passato sono stati usati pesi e misure diverse, e soprattutto che l’occidente non può pretendere un allineamento automatico dopo averli disprezzati così a lungo soltanto perché la guerra “è tornata in Europa” (altrove non è mai sparita).

Il sud globale ha ragione a rifiutarsi di allinearsi automaticamente, ma l’innegabile disparità storica dell’occidente non cancella il fatto che, nel caso dell’Ucraina, esista davvero una sfida alla carta delle Nazioni Unite che coinvolge tutto il mondo. Nel 2023 bisognerà essere più convincenti.

Terzo insegnamento, l’ultimo: coprirsi gli occhi su temi strategici è una scelta che finisce sempre per rivelarsi controproducente. La Germania lo ha scoperto sulla propria pelle con la sua dipendenza dal gas russo. I diplomatici ricordano ancora le battaglie con Berlino, fino al mese di luglio del 2021, in merito alla costruzione del gasdotto Nord-Stream2, che oggi giace inutile sui fondali del Baltico.

Un’altra illusione è stata l’idea, difesa per vent’anni, secondo cui il commercio e gli investimenti avrebbero dovuto favorire la democrazia e la pace. La Cina ha brillantemente smentito questa teoria che andava di moda negli anni novanta e duemila, approfittandone enormemente.

Dopo aver imparato le lezioni del 2022, saremo davvero più accorti nel 2023? L’esperienza ci invita alla prudenza, perché nonostante le significative revisioni strategiche provocate dagli stravolgimenti che stiamo vivendo, gli stati restano simili alle navi cisterna: non riescono a girarsi rapidamente. Il problema è che per affrontare una situazione complessa come quella attuale servirebbe una grande agilità. Sarà la sfida del 2023.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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