Nel cuore del sisma anche la doppia tragedia degli sfollati di Idlib
Davanti a una catastrofe devastante come quella provocata dai terremoti che hanno colpito la Turchia e la Siria è naturale presumere che il mondo si mobiliti per aiutare le vittime, oltrepassando tutte le barriere. Ma purtroppo si tratta di un’illusione, in una zona del mondo tanto complessa quanto letale.
Tutti i paesi del pianeta stanno offrendo il proprio aiuto. Decine di squadre di soccorritori convergono nell’area colpita in una corsa contro il tempo per salvare vite umane. Ma la verità è che i conflitti, l’odio e gli interessi divergenti non sono scomparsi come per incanto.
Alcune vittime sono doppiamente colpite. È il caso dei 4,5 milioni di abitanti della regione di Idlib, nel nordovest della Siria travolto dal sisma. Nella zona si contano almeno 900 morti, migliaia di feriti e un numero enorme di persone che si ritrovano senza una casa, tra l’altro in pieno inverno.
Gli abitanti di Idlib, di cui i due terzi sono sfollati arrivati da altre regioni della Siria, vivono in una delle poche zone che sfuggono al controllo del regime di Bashar al Assad. Queste persone dipendono al 90 per cento dagli aiuti internazionali… che non arrivano più.
Per fare pressione su questa popolazione inerme, infatti, il governo siriano e i suoi alleati a Mosca hanno progressivamente limitato la possibilità di far arrivare aiuti umanitari nella regione. In passato esistevano quattro punti di passaggio tra il territorio turco e quest’area della Siria. Oggi ne resta solo uno, Bab al Hawa.
La Siria è in guerra da dodici anni, da quando la popolazione ha cercato pacificamente di rovesciare una dittatura
Ogni anno l’apertura del passaggio viene rinnovata con una votazione del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Nel 2022 Mosca ha minacciato di porre il veto, prima di accettare una proroga di un anno. È un ricatto permanente portato avanti con la piena consapevolezza del fatto che una chiusura del varco condannerebbe a morte milioni di persone.
Ora la devastazione arrecata dal sisma nel sud della Turchia impedisce agli aiuti internazionali di attraversare Bab al Hawa, proprio quando la popolazione ne avrebbe più bisogno. Le testimonianze sul posto raccontano un disastro totale. “La situazione è spaventosa”, ha dichiarato un medico siriano citato dal dottor Raphaël Pitti, medico umanitario francese molto attivo nella regione.
Milioni di persone si trovano senza aiuti nel bel mezzo di questa catastrofe. Parliamo di 4,5 milioni di siriani, tra cui molti sfollati che vivono nella più completa precarietà, aggravata dal sisma.
Stiamo vivendo un incubo geopolitico. La Siria è in guerra da dodici anni, da quando la popolazione ha cercato pacificamente di rovesciare una dittatura. In seguito il paese è stato stravolto da un conflitto armato, fino a quando il regime di Bashar al Assad, aiutato dalla Russia e dall’Iran, ha ripreso il controllo della maggior parte del paese. Oggi Assad chiede la centralizzazione degli aiuti internazionali.
Ma fuori del controllo di Damasco restano la zona di Idlib, dove si riversavano i sopravvissuti delle città assediate, e il nord della Siria, in mano ai curdi alleati degli Stati Uniti e della Francia. Questo puzzle siriano ci ricorda che il conflitto non è terminato.
L’importante, adesso, è permettere che gli aiuti umanitari raggiungano tutte le vittime, ovunque si trovino. Ma non possiamo dimenticare che in Siria non esiste ancora alcuna prospettiva di una soluzione politica che possa permettere agli sfollati di tornare a casa.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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