La conferenza di Monaco sulla sicurezza, che quest’anno comincia il 17 febbraio, è stata spesso descritta come “la Davos della difesa”, il luogo dove i generali prendono il posto degli amministratori delegati e dei presidenti dei consigli di amministrazione. In occasione dell’edizione del 2007, sedici anni fa, Vladimir Putin aveva annunciato la guerra in Ucraina. Ovviamente è una semplificazione, ma resta il fatto che a Monaco, nel 2007, il presidente russo aveva fatto presente agli occidentali che la festa postsovietica era finita.

In quel contesto in pochi avevano prestato attenzione quando Putin aveva pronunciato un discorso brutale e secco. Erano passati ormai sette anni da quando aveva preso il posto di Boris Eltsin, prima di scatenare la guerra in Cecenia e stabilizzare la situazione in Russia dopo l’inferno degli anni novanta. Poi, nel 2007, Putin aveva deciso di attaccare frontalmente gli occidentali.

Discorso sottovalutato
A Monaco il presidente russo aveva presentato una critica approfondita del mondo unipolare, ovvero quello governato dalla superpotenza americana dopo il crollo dell’Urss. “Questo è un mondo con un unico padrone e un unico sovrano”, aveva sancito Putin. Per la prima volta il capo del Cremlino aveva denunciato l’allargamento della Nato verso est: “Abbiamo il legittimo diritto di chiedere contro chi sia operato questo allargamento”.

Come scrive Andrej Gračëv, ultimo portavoce di Michail Gorbačëv, in un libro collettivo recentemente pubblicato in Francia, “in quel momento tutti consideravano Putin un’anatra zoppa. Il suo discorso a Monaco, di conseguenza, non è stato preso troppo sul serio”. Gračëv, tutt’altro che un sostenitore di Putin, aggiunge: “Pochi partecipanti, quel giorno, hanno capito che quella non era la voce di un uomo del passato, nostalgico di un’epoca tramontata, ma l’affermazione di un Putin 2.0, che minacciava una nuova guerra”. L’anno successivo sarebbe scoppiata la guerra in Georgia.

La trasformazione di Putin riguarda soprattutto il potere e la creazione di una tensione permanente

Dal 24 febbraio 2022, ovvero da quando Putin ha preso la fatidica decisione di invadere l’Ucraina, il mondo si chiede “cos’abbia nella testa Vladimir Putin” e quale sia la percezione del popolo russo. Gračëv fornisce una risposta nel suo contributo al libro citato, dal titolo suggestivo Le monde ne sera plus comme avant (Il mondo non sarà più come prima), a cura di Bertrand Badie e Dominique Vidal.

Secondo Gračëv, Putin ha scelto di rispondere allo sgomento dei russi davanti alla dissoluzione sovietica con una “mobilitazione del popolo dietro al suo leader nella battaglia per ristabilire la giustizia storica e la grandezza del paese. […] Diventata ufficiale, questa ideologia è stata all’origine di una svolta radicale della politica interna di Putin verso lo scontro con l’occidente. Il pragmatico, in questo modo, è diventato ideologo”.

Gračëv non risparmia gli occidentali, a suo dire colpevoli di arroganza nei confronti della Russia ai tempi della scomparsa del blocco comunista, quando hanno commesso “un grave errore strategico” rifiutandosi di creare una struttura di sicurezza collettiva che coinvolgesse Mosca. Ma Gračëv sottolinea che la trasformazione di Putin riguarda soprattutto il potere e la creazione di una tensione permanente nel paese e nel mondo, come sistema e non più come strumento.

Questa chiave di lettura appare particolarmente sensata ora che la guerra in Ucraina sembra destinata a durare ancora a lungo. In assenza di rappresentanti russi, la conferenza di Monaco non avrà il tempo di ripensare alle occasioni perdute prima e dopo il 2007. L’occidente, ormai compatto, ha capito che il messaggio di Putin è quello dello scontro.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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