Può sembrare una questione irrilevante, ma in un contesto geopolitico esplosivo si tratta di un fatto di rilievo. Il 1 marzo il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol ha compiuto un gesto di riconciliazione nei confronti del Giappone che, tra il 1910 e il 1945, aveva annesso il suo paese e con cui le relazioni sono sempre state particolarmente problematiche.
Il leader sudcoreano ha preso spunto dalla commemorazione di una data chiave dell’occupazione giapponese, il 1 marzo 1919, per rilasciare una dichiarazione priva di ambiguità: “Oggi, dopo più di un secolo, il Giappone si è trasformato da aggressore militarista a partner con cui condividiamo gli stessi valori universali”. Una mano tesa senza la minima condizione, insomma.
L’argomento resta abbastanza delicato in Corea del Sud, tanto che il capo dell’opposizione ha immediatamente accusato il presidente di aver mostrato un atteggiamento di “sottomissione” nei confronti del Giappone. Questa reazione conferisce un significato ancora maggiore al gesto di Yoon, perché evidentemente non è scontato per l’opinione pubblica sudcoreana.
La situazione appare ancora più paradossale se consideriamo che la Corea del Sud e il Giappone sono due alleati degli Stati Uniti
L’Asia non ha vissuto un processo di riconciliazione simile a quello avvenuto in Europa con la Germania dopo la seconda guerra mondiale. Le divisioni della guerra fredda e l’ambiguità di un Giappone guidato dallo stesso imperatore anche dopo la sconfitta hanno impedito di superare i postumi del conflitto.
Ancora oggi, nonostante i risarcimenti finanziari concessi a Cina e Corea e i rapporti politici ed economici solidi, basta poco per risvegliare tensioni legate al passato. In Corea la questione degli indennizzi per i lavori forzati e soprattutto per le comfort women, termine che indicava la prostituzione coatta a beneficio dei soldati giapponesi, non è mai stata del tutto risolta. Aggiungiamo i conflitti territoriali sul possesso di alcuni isolotti e otteniamo un’equazione irrisolvibile.
La situazione appare ancora più paradossale se consideriamo che la Corea del Sud e il Giappone sono due alleati degli Stati Uniti, ospitano soldati americani e hanno interessi geopolitici coincidenti con quelli di Washington.
Gli statunitensi hanno lavorato molto per smorzare le tensioni tra i loro due principali alleati in Asia, per molto tempo senza successo. E questo nonostante l’attrito sempre più intenso con Cina e Corea del Nord.
Ma nel clima da guerra fredda che si sta diffondendo in Asia e che minaccia di sfociare in un conflitto, Seoul e Tokyo sono preoccupate sia dalla presenza militare di Pechino nel mar Cinese meridionale e intorno a Taiwan sia dall’aggressività della Corea del Nord, che effettua test balistici sempre più sofisticati.
Il Giappone ha annunciato da poco il raddoppiamento della spesa per la difesa entro il 2028, mentre la Corea del Sud discute apertamente la possibilità di costruire un’arma nucleare. Il riavvicinamento tra i due alleati degli Stati Uniti era inevitabile, ma è servita l’audacia di Seoul per superare le cicatrici della storia.
Di sicuro c’è ancora molto da fare per portare a compimento questa riconciliazione, ma il discorso del 1 marzo indica un cammino incoraggiante. Con grande soddisfazione di Washington e profondo dispiacere di Pechino e Pyongyang.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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