L’anno scorso, con l’avvicinarsi del 9 maggio, circolavano voci sulla possibilità che Vladimir Putin annunciasse la fine della sua “operazione militare speciale” in Ucraina nel giorno dell’anniversario della vittoria sul nazismo. È passato un anno da allora, e l’Ucraina è ancora in guerra. Intanto, a Mosca, l’ambiente è molto diverso.
Il 9 maggio attira l’attenzione perché è al centro dell’ideologia di Putin. La ricorrenza illustra i destini divergenti dell’Ucraina e della Russia. Simbolicamente, l’Ucraina si è allineata alla data dell’8 maggio, una scelta europea: la capitolazione nazista è stata infatti firmata l’8 maggio alle 23.01, ora di Berlino, ovvero alle 00.01 del 9 maggio secondo l’ora di Mosca.
L’anniversario della vittoria nella “grande guerra patriottica” è al centro della sceneggiatura nazionale scritta e riscritta dal sistema Putin, e costituisce lo sfondo dell’invasione dell’Ucraina, a partire dal martellamento iniziale sulla “denazificazione”. Un anno dopo, nessuno ci crede più.
Putin non ha nulla di positivo da annunciare in questo 9 maggio, nemmeno la conquista di Bachmut, ormai in rovina. I miliziani di Wagner ne hanno preso possesso solo parzialmente, al prezzo di decine di migliaia di morti. Ma i difensori ucraini non hanno mollato. Putin, dunque, non può neanche rivendicare questo piccolo successo.
Il nemico occidentale
Soprattutto le autorità russe hanno annullato la “sfilata degli immortali”, elemento chiave della militarizzazione della memoria e dell’identità russa. Gli “immortali” del 9 maggio erano un’iniziativa partita dalla base per onorare la memoria dei morti al fronte. Putin ha semplicemente fatto proprio l’evento. Nel 2018 il presidente ha sfilato davanti a un milione di persone mostrando il ritratto di suo nonno. Manifestazioni simili si svolgono in tutto il mondo all’interno delle comunità russe. A Parigi il luogo scelto è il cimitero del Père Lachaise.
In un libro dedicato al “reggimento immortale”, la storica di origini russe Galia Ackerman sottolinea che con la parata “i russi riaffermano prima di tutto la loro vittoria sui nazisti e in secondo luogo fanno presente al mondo intero la loro superiorità morale, prima di tutto sull’occidente e poi anche sul resto del mondo”. Quest’anno la sfilata è stata annullata sia a Mosca sia in altre città della Russia.
Una spiegazione ufficiosa parla di paura che qualcuno possa mostrare i ritratti delle vittime della guerra in Ucraina in mezzo a quelli dei morti della seconda guerra mondiale. È il segno di un malessere impercettibile, che si aggiunge all’assenza di invitati stranieri di rilievo sulla piazza Rossa.
Putin è pronto a una guerra lunga, contrariamente all’anno scorso quando sperava ancora in un successo rapido. Il presidente russo non può più arretrare, anche per via dei crimini commessi.
In questo 9 maggio piuttosto tetro non ci sarà alcun trionfalismo né alcun dubbio: nell’esaltazione della grande guerra patriottica, oggi, Putin cerca motivi per tener duro, additando l’occidente come avversario al posto dei nazisti del passato.
Ma nella battaglia dei simboli è il presidente ucraino ad aver colpito per primo, dichiarando alla vigilia che i russi saranno cacciati dall’Ucraina “come i nazisti nel 1945”. È il colmo: Putin si fa rubare anche i capisaldi della sua retorica.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Delle celebrazioni in Russia per il 9 maggio parla Andrea Pipino nel podcast Il Mondo. Ascolta qui la puntata.
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