La relazione politica tra Francia e Germania è fatta di alti e bassi. Fino a poco mesi fa eravamo nella fase dei bassi, con momenti carichi di tensione. Da allora, però, l’ingranaggio franco-tedesco si è rimesso in moto. Un segno della fiducia ritrovata è il fatto che la mattina del 10 maggio la ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock era seduta attorno al tavolo del consiglio dei ministri al palazzo dell’Eliseo, a Parigi, al pari di un ministro francese.

Qualcuno potrebbe stupirsi, ma si tratta solo di una manifestazione dell’intimità che oggi lega i due paesi. Anche se pochi lo sanno, i diplomatici francesi operano abitualmente all’interno del ministero degli esteri tedesco, e lo stesso avviene con i diplomatici tedeschi al Quai d’Orsay, integrati come se fossero cittadini francesi e autorizzati ad accedere alle stesse informazioni rispetto ai colleghi.

Il 10 maggio Baerbock ha definito la Francia “la migliore amica” della Germania, sottolineando la sua ottima intesa con la sua collega Catherine Colonna. L’affinità è innegabile, ma c’è anche un evidente interesse di Parigi e Berlino ad avvicinarsi e a capirsi in un’Europa sconvolta dalla guerra in Ucraina e da nuove dinamiche. Le due principali economie del continente, infatti, vogliono mantenere il controllo dell’agenda continentale per evitare di subirla.

Orizzonte più ampio
Sul tavolo ci sono i temi più immediati per l’Europa, il rapporto con Pechino, la politica industriale continentale e il sostegno a Kiev.

Ma ci sono anche argomenti con un orizzonte più ampio, a cominciare dall’allargamento dell’Unione europea (inevitabile o auspicabile a seconda delle opinioni) per includere i Balcani occidentali, l’Ucraina e la Moldavia. Un’Europa a 35 non può funzionare come un’Europa a 15 o a 27, questo è evidente.

L’allargamento non è una questione immediata, ma potrebbe concretizzarsi prima di quanto si possa pensare

Qualche giorno fa nove paesi, tra cui Francia e Germania, hanno formato un gruppo che chiede il passaggio alla maggioranza qualificata per le decisioni europee in politica estera. Oggi è necessaria l’unanimità, e questo permette a paesi isolati, come l’Ungheria, di bloccare alcune decisioni e fare ostruzionismo.

Può sembrare una questione esclusivamente tecnica, ma in realtà la rinuncia al diritto di veto su un tema così legato alla sovranità non è affatto facile. Soprattutto se consideriamo che laddove la Germania si dichiara pronta ad accettare il sistema della maggioranza qualificata in tutti i campi, la Francia vorrebbe invece limitarlo solo a circostanze specifiche.

L’allargamento non è una questione immediata, ma potrebbe concretizzarsi prima di quanto si possa pensare. La guerra in Ucraina, in questo senso, ha cambiato le carte in tavola. L’anno scorso, dopo le reticenze iniziali di Parigi e Berlino, i 27 hanno deciso di concedere a Kiev lo status di paese candidato, anche perché in gioco c’era il rapporto tra l’Europa unita e i paesi dell’est, compresi gli stati baltici.

Entro la fine dell’anno bisognerà prendere una decisione sull’apertura del negoziato con l’Ucraina, con le inevitabili ripercussioni sugli altri candidati che sono in attesa da anni e non accetteranno di buon grado di essere messi da parte. Dunque potremmo assistere a un’accelerazione del calendario, che però comporterebbe enormi problemi pratici.

Francesi e tedeschi, il cui peso resta determinante, hanno tutto l’interesse a capirsi prima di essere messi davanti a un dilemma, come accaduto l’anno scorso con l’Ucraina. Dietro l’attuale riavvicinamento c’è insomma una dinamica da vecchie potenze europee, al di là delle divergenze evidenti in diversi ambiti. Ma se c’è una cosa che Francia e Germania hanno imparato in decenni di rapporti, è sicuramente il modo di gestire i contrasti.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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