Tre lezioni dalla crisi innescata da Prigožin in Russia
Lo psicodramma che per diverse ore ha scosso il regime di Vladimir Putin non ha ancora finito di rivelare i suoi segreti. L’onda d’urto potrebbe farsi sentire per settimane o addirittura mesi, e non necessariamente dove ce lo aspetteremmo. Eppure possiamo già trarre almeno tre insegnamenti dagli eventi che hanno fatto entrare la Russia in una nuova epoca.
Prima di tutto inquadriamo Evgenij Prigožin, l’antieroe di questa vicenda. Gli storici troveranno diverse difficoltà a contestualizzare questo personaggio, ma sicuramente concorderanno nel dire che è stato una creatura di Vladimir Putin, sfuggita al suo creatore nel tentativo di diventare padrone del gioco. Quando Putin ha parlato di “pugnalata alle spalle” nel discorso pronunciato la mattina del 24 giugno, ha descritto il tradimento dell’uomo che gli deve tutto, ma che ha infranto la regola d’oro dei rapporti con il proprio capo.
Prigožin aveva rafforzato la propria posizione regalando a Putin la sua unica vittoria dell’anno, a Bachmut (pagata con un terribile tributo di sangue, ma pur sempre una vittoria). Il capo dell’organizzazione Wagner era impegnato in un braccio di ferro con i vertici dell’esercito, e alla fine ha perso la battaglia. Cosa resterà di Prigožin e di Wagner quando le acque si saranno calmate? Non è detto che i mercenari avranno un ruolo di primo piano. D’altronde non si deve mai sfidare lo zar se non si è sicuri di vincere. Questa è la prima lezione.
Il mito che crolla
Come si evolverà la parabola di Vladimir Putin? Questa è senz’altro la domanda cruciale. Il capo del Cremlino esce sicuramente indebolito dalla crisi. Certo, il presidente ha mantenuto il potere, ha scongiurato una guerra civile e ha riportato l’ordine a Mosca. Ma la sua è una vittoria di Pirro.
Per oltre vent’anni, infatti, Putin ha costruito il suo potere sul mito dell’uomo forte. Anche se non ha fondato uno stato moderno, ha creato un “sistema” fatto di redistribuzione dei redditi, di un apparato di sicurezza multiforme e di un autoritarismo che lascia poco spazio alla contestazione. Cosa resta oggi di tutto questo?
Gli ucraini hanno creduto che fosse in corso un evento miracoloso e che una guerra civile a Mosca avrebbe potuto distrarre i russi. Non è stato così
Prigožin – l’uomo scelto per fare il lavoro sporco, il capo dei mercenari, il padrone delle “fabbriche di troll” all’avanguardia nella disinformazione – ha svelato che il re è nudo. Manovrando pericolosamente la Wagner, i ceceni e i clan che dividono il suo esercito, Putin ha finito per perdere il controllo.
Questa fragilità si aggiunge ai fallimenti della guerra in Ucraina e rivela un Putin vulnerabile, costretto a barricarsi nel Cremlino per difendersi non dalla Nato ma da un suo alleato. Questo episodio lascerà tracce che potrebbero risultare fatali.
Quali conseguenza avrà tutto questo sulla guerra in Ucraina? Questa è la terza lezione. Gli ucraini hanno creduto che fosse in corso un evento miracoloso e che una guerra civile a Mosca avrebbe potuto distrarre i russi. Non è stato così.
Tuttavia l’effetto della crisi sull’esercito andrà valutato nei prossimi giorni. Quale sarà il destino del ministro della difesa Sergej Šojgu e del capo dello stato maggiore Valerij Gerasimov, per il momento lontani dai riflettori? Che impatto avranno le dichiarazioni di Prigožin, convinto che a provocare l’invasione dell’Ucraina non sia stata la minaccia della Nato ma l’avidità dei generali?
È ancora troppo presto per dirlo, ma ciò che abbiamo visto conferma che per Putin la guerra è stata un errore gravissimo, e che la decisione degli occidentali di sostenere l’Ucraina è stata corretta.
Negli ultimi trent’anni la Russia non aveva mai vissuto una simile crisi. E la faccenda è tutt’altro che conclusa.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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