Nonostante Israele sia in piena guerra a Gaza, i leader del paese, a cominciare dal primo ministro Benjamin Netanyahu, hanno trovato il tempo di criticare le parole di Emmanuel Macron. Si tratta di una polemica inattesa, anche perché meno di tre settimane fa il presidente francese era al fianco di Netanyahu a Gerusalemme per manifestare la solidarietà allo stato ebraico. “È una causa giusta, punto”, aveva dichiarato Macron.

Ma il 10 novembre il presidente francese ha concesso un’intervista alla Bbc in cui ha sottolineato che non esiste “alcuna giustificazione” né “legittimità” nei bombardamenti contro i civili. “Questi bambini, queste donne e questi anziani sono bombardati e uccisi”, ha ricordato Macron, invitando Israele a rispettare il diritto internazionale umanitario e ad accettare una pausa che possa trasformarsi in un cessate il fuoco.

Le parole di Macron hanno suscitato la rabbia di Netanyahu e quella ancora più sfrenata del ministro della difesa, che si è chiesto come sia possibile che la Francia si senta in diritto di dare lezioni di morale a Israele nel bel mezzo di una guerra. Il 12 novembre Macron ha chiamato il presidente israeliano Isaac Herzog per spiegare il senso delle sue parole e ribadire il suo sostegno al diritto di difendersi di Israele.

È importante sottolineare che la Francia è il primo paese del G7 a criticare apertamente la strage di civili a Gaza e a evocare un vero cessate il fuoco. Anche gli Stati Uniti si sono rammaricati per le morti civili, ma in termini molto più misurati.

Macron ha rilasciato le sue dichiarazioni all’indomani della conferenza umanitaria organizzata a Parigi. In questa occasione il presidente francese ha preso atto del numero enorme di vittime civili nella Striscia, registrate anche dal capo dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, Philippe Lazzarini. Inoltre, Macron ha riconosciuto la rabbia suscitata nel mondo dal silenzio dell’occidente davanti alle immagini sconvolgenti che arrivano da Gaza.

Macron ha pronunciato parole che sembravano impensabili 48 ore prima e che hanno rotto l’unanimità del sostegno occidentale a Israele dagli attacchi di Hamas del 7 ottobre.

Dall’inizio delle operazioni contro la Striscia di Gaza i leader israeliani sanno di essere impegnati in una corsa contro il tempo: prima o poi, infatti, le reazioni del mondo spingeranno gli Stati Uniti a fare pressione su Israele affinché ponga fine ai combattimenti.

Il timore di Israele, all’origine della reazione dei suoi dirigenti, è che la Francia possa spingere altri paesi a criticare i bombardamenti. Rispondendo con energia, Netanyahu crede di poter convincere gli altri stati occidentali a non cambiare la loro posizione, almeno per qualche tempo.

Questa piccola crisi è comunque rivelatrice del profondo malessere provocato dal tipo di guerra che Israele ha scelto di condurre a Gaza, decidendo di non risparmiare i civili, gli ospedali e i quartieri residenziali. La portata del massacro del 7 ottobre non autorizza Israele a compiere qualsiasi delitto. È quello che ha voluto chiarire Macron nella sua intervista, facendo sua una posizione molto diffusa. Israele sbaglierebbe a non tenerne conto.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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