Quella tra Vladimir Putin e il nucleare è una lunga storia. Già tre giorni dopo l’invasione dell’Ucraina, il 27 febbraio 2022, il presidente russo aveva annunciato di aver posto “in regime speciale d’allerta le forze di dissuasione dell’esercito”. Quell’avvertimento era stato preso così sul serio da spingere la Francia, in via eccezionale, a dare l’ordine ai suoi sottomarini nucleari, i famosi Snle, di lasciare gli scali militari. All’epoca la notizia era stata tenuta segreta, ma poi è venuta fuori.

Da allora la minaccia nucleare è riaffiorata spesso sulla bocca dei leader russi. Le trasmissioni tv russe che fanno propaganda calcolano il tempo che un missile nucleare impiegherebbe a raggiungere Londra o Parigi, mentre Dmitrij Medvedev, ex presidente “moderato” diventato un gran sostenitore della guerra, promette regolarmente l’apocalisse agli avversari della Russia.

Anche Putin ha riproposto diverse volte la minaccia nucleare, come in occasione del discorso annuale alla nazione. “Anche noi abbiamo armi in grado di colpire obiettivi sul loro territorio”, ha sottolineato il 29 febbraio il presidente russo, riferendosi ai paesi della Nato. Putin non ha nominato specificamente la Francia, ma è chiaro che le sue parole si riferiscono alle dichiarazioni di Emmanuel Macron sull’invio di truppe in Ucraina.

È sempre bene prendere sul serio Putin, come dimostra il caso dell’invasione dell’Ucraina, che pochi credevano possibile. L’arma nucleare non è un argomento leggero, né per la Russia né per gli occidentali, e così ritorna la vecchia domanda: come può un paese nucleare perdere una guerra? La risposta non esiste, perché il nucleare è per definizione l’arma dell’ambiguità strategica.

Eppure, dopo quella prima minaccia arrivata a febbraio del 2022, l’impegno degli occidentali al fianco dell’Ucraina ha continuato a crescere, ignorando tutti gli avvertimenti del Cremlino. A ogni passo avanti nella fornitura di armamenti – difesa aerea, carri armati, caccia, missili a lunga gittata – ci sono state esitazioni nelle capitali europee, con la paura di spingersi troppo oltre. Ma i tabù sono stati infranti uno dopo l’altro.

Oggi, insomma, assistiamo alla replica di qualcosa che è già successo, ma anche a qualcosa di nuovo. Inviare soldati sul campo, come non ha escluso di fare Macron, è chiaramente molto diverso rispetto a mandare armi, e questo anche se non si trattasse di combattenti (a quanto pare, il 26 febbraio, il presidente francese aveva dimenticato di specificarlo).

In realtà è verosimile che in Ucraina siano già attivi diversi militari occidentali, ma la loro presenza non è ufficiale. Il senso di riconoscerlo pubblicamente sarebbe quello di mostrare alla Russia che l’Europa non permetterà una sconfitta dell’Ucraina, nonostante il periodo difficile e il rischio di un voltafaccia statunitense.

La reazione di Putin era prevedibile. Il presidente russo non può lasciar passare questa dichiarazione senza mostrare i muscoli, soprattutto considerando che mancano due settimane alla sua rielezione. Putin sa che sventolare la minaccia nucleare, in Russia come in occidente, ha l’effetto di rianimare la paura della distruzione del mondo. Ma avendo una mentalità sovietica, sa anche che la bomba atomica è l’arma definitiva e non uno strumento come gli altri nel suo arsenale di guerra. Forse questo è l’unico aspetto rassicurante in questo clima ansiogeno.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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