Questa è la cronaca del fallimento politico degli eredi di Nelson Mandela, ma è anche la storia, simile a quella vissuta da altri paesi prima del Sudafrica, della difficoltà di trasformare un movimento di liberazione vittorioso in una forza di governo.

Alle elezioni generali del 29 maggio in Sudafrica l’African national congress (Anc), vecchio partito nazionalista nero fondato nel 1912, affronterà la più grande minaccia da quando è al potere, nel 1994. L’Anc, infatti, rischia di perdere per la prima volta la maggioranza assoluta in parlamento, un trauma per una forza che basa la sua legittimità sulla lotta contro l’apartheid e l’immagine universale del suo leader morto, Nelson Mandela.

L’Anc non perderà il potere, perché resterà comunque, e di gran lunga, il primo partito del paese. Ma rischia di essere costretto a trovare alleati per formare un governo, come mai successo dopo l’elezione di Mandela, trent’anni fa. I motivi di questa crisi sono legati a tre parole: corruzione, criminalità e disuguaglianza. Su questi tre temi fondamentali nella vita quotidiana dei sudafricani, l’Anc ha chiaramente fallito.

Nel 1994 l’elezione di Mandela aveva segnato il trionfo del partito, dopo secoli di discriminazioni seguiti dall’apartheid. L’ex prigioniero di Robben Island aveva promesso una transizione pacifica e la creazione di un sentimento nazionale. Ma i suoi successori non sono stati all’altezza dell’eredità di Mandela e delle aspettative della popolazione, soprattutto dopo il 2009 e l’elezione di Jacob Zuma, ex capo dei servizi di sicurezza dell’Anc, che ha permesso alla corruzione di dilagare ai più alti livelli. La criminalità da record e le disuguaglianze contro chi si attendeva una rivoluzione dopo la fine dell’apartheid hanno finito per indebolire il partito.

L’aura di forza liberatrice dell’Anc si è sciolta in una gestione mediocre. Questa percezione è chiara in modo particolare tra i giovani, i cosiddetti born free, nati liberi dopo l’apartheid e insensibili alle lotte del passato. Cosa succederebbe se l’Anc dovesse perdere la maggioranza? Tutto dipenderà dalla portata del ridimensionamento. Se ci sarà bisogno di formare una coalizione, il partito dovrà scegliere tra una formazione di sinistra nata da una sua costola, gli Economic freedom fighters (Eff) di Julius Malema, e i liberali della Democratic alliance (Da).

È un momento decisivo per il Sudafrica e per il suo presidente Cyril Ramaphosa, che non è riuscito a raddrizzare la rotta nonostante la reputazione di leader efficiente. Il paese aveva tutto per diventare la superpotenza del continente: risorse, popolazione e il prestigio di Mandela. Ma ha sprecato l’occasione, anche se resta una potenza importante, come ha dimostrato la sua recente iniziativa su Gaza, accusando Israele di genocidio alla Corte internazionale di giustizia.

Ora gli elettori dovranno decidere tra la fedeltà a una gloriosa lotta del passato e la volontà di punire un partito di governo che non ha ottenuto i risultati sperati. Di sicuro, in Sudafrica, è la fine di un’epoca.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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