È uno scenario che ci sembra di aver già vissuto diverse volte dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, ormai 27 mesi fa. Oggi è in corso l’ennesimo dibattito a proposito di una nuova escalation nel coinvolgimento militare dell’occidente nel conflitto. Il passo da compiere, stavolta, è grande. Si tratta di autorizzare l’esercito ucraino a colpire in territorio russo con armi consegnate dai paesi occidentali.

In settimana il presidente francese Emmanuel Macron ha infranto un tabù in occasione della sua conferenza stampa comune con Olaf Scholz, dando di fatto il via libera al lancio di missili francesi Scalp verso la Russia, a condizione che colpiscano esclusivamente obiettivi militari che minacciano l’Ucraina e non obiettivi civili. Macron ha preparato l’annuncio adeguatamente, portando con sé una mappa per illustrare meglio le sue parole.

Finora solo il Regno Unito aveva accettato di prendere questa decisione, al contrario di quanto hanno fatto gli Stati Uniti con i loro missili. Il cancelliere tedesco ha annuito al fianco del presidente francese, ma finora si è sempre rifiutato di consegnare a Kiev i missili Taurus di fabbricazione tedesca che potrebbero servire a questo scopo.

Com’è successo in ogni fase del conflitto, il tema è la cobelligeranza, di cui si parla ormai da due anni. L’idea è difficile da definire in termini giuridici precisi, anche perché la storia è piena di guerre in cui armi straniere sono state usate con la presenza di consulenti sul campo, senza che fosse invocato questo principio. Ci sarà cobelligeranza il giorno in cui la Russia lo deciderà. D’altronde Vladimir Putin ha già dichiarato di essere in guerra con la Nato.

Si torna a parlare della possibile risposta russa a un coinvolgimento maggiore degli occidentali, soprattutto se le armi francesi dovessero colpire effettivamente il territorio russo. “Questo scandalo permanente potrebbe avere conseguenze gravi”, ha esclamato il 28 maggio Putin durante una visita in Uzbekistan. Tuttavia, il presidente russo non si è mai assunto il rischio di reagire direttamente contro un paese della Nato, preferendo guerre ibride e azioni non sempre visibili.

La minaccia, fino a questo punto, non ha dissuaso gli occidentali ed è stata considerata da Macron meno grave delle conseguenze di una sconfitta dell’Ucraina per la sicurezza dell’Europa. Questo è il principale motivo dell’inasprimento della sua posizione, anche se stavolta gli statunitensi sembrano esitare.

Joe Biden è impegnato nella campagna elettorale e non vuole un aumento delle tensioni con la Russia, nel timore che possano favorire Donald Trump. Il presidente statunitense è sotto pressione. Il 29 maggio il Washington Post ha pubblicato un articolo insolito firmato da Jurij Fedorenko, comandante di un’unità dell’esercito ucraino specializzata nell’uso di droni.

Fedorenko si è rivolto a Biden e gli ha raccontato che i suoi droni gli hanno permesso di vedere i suoi uomini massacrati nella regione di Charkiv perché l’esercito ucraino non ha la possibilità di sparare con munizioni americane in direzione del territorio russo, da dove partono gli attacchi. L’ufficiale ucraino chiede un cambiamento nella politica degli Stati Uniti, sostenuto dal segretario generale della Nato e dal governo polacco.

Tra otto giorni Volodymyr Zelenskyj e Joe Biden si ritroveranno fianco a fianco in Normandia, in Francia, per le commemorazioni dello sbarco alleato del 6 giugno 1944. Il ricordo di una guerra di ottant’anni fa offrirà il pretesto per parlare del conflitto in corso. La posta in gioco per il presidente ucraino è chiara: far cambiare idea a Biden.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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