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Gli estremisti che diffondono la guerra in Medio Oriente

Cisgiordania, 15 agosto 2024. Nel campo profughi di Balata, dopo un raid israeliano. (Zain Jaafar, Afp)

Dopo l’attacco del 7 ottobre, condotto da Hamas nel sud di Israele, il conflitto continua ad allargarsi. La guerra ha devastato la Striscia di Gaza nel corso di più di dieci mesi di rappresaglie israeliane indiscriminate, con un bilancio che ha già superato i quarantamila morti. La vita di milioni di palestinesi che vivono nella Cisgiordania occupata è stata stravolta, mentre gli atti di guerra si sono estesi fino all’Iran, come dimostra l’uccisione a Teheran del leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh. A ogni tappa dell’escalation l’intera regione trattiene il fiato nel timore che il peggio debba ancora arrivare. Il resto del mondo, intanto, si dimostra impotente.

Una delle conseguenze profonde di questa tragedia si produce all’interno della società israeliana, già fortemente spaccata prima del 7 ottobre, come testimoniano le manifestazioni oceaniche contro la coalizione più sbilanciata a destra nella storia del paese. L’attacco di Hamas ha solo allargato le fratture. Lo stato ebraico è diviso prima di tutto sulla priorità da accordare agli ostaggi rispetto all’obiettivo di eliminare Hamas, al punto che i familiari degli ostaggi hanno la sensazione di essere “ostacoli”, se non addirittura “traditori”, che impediscono al paese in guerra di cancellare la minaccia.

La guerra più lunga nella storia di Israele ha radicalizzato parte dell’opinione pubblica, convinta che lo status di vittima del 7 ottobre le conferisca ogni diritto, compreso quello di ignorare la legge. Gli incidenti si moltiplicano, riflesso di una deriva estremista. Quando un detenuto palestinese è stato abusato dai carcerieri e i responsabili sono stati arrestati, alcuni manifestanti hanno invaso la prigione per chiedere la loro liberazione. Alla knesset un deputato di estrema destra ha difeso l’idea che ogni violenza nei confronti dei prigionieri sia legittimo. Un rapporto dell’organizzazione per la difesa dei diritti umani B’Tselem ha confermato che i detenuti delle carceri israeliane sono abitualmente seviziati, ma è stato ignorato dai mezzi d’informazione israeliani.

Nello stesso spirito, in Cisgiordania la frangia estremista dei coloni aggredisce continuamente i palestinesi. È servito un incidente più grave degli altri, a metà agosto, per spingere il presidente israeliano Isaac Herzog a parlare di pogrom, una parole pesante. Herzog ha salvato la faccia, ma intanto il governo tace perché al suo interno ci sono i paladini di questa violenza. La maggioranza degli israeliani non intende rimettere in discussione la colonizzazione, definita nuovamente illegale da una recente sentenza della Corte internazionale di giustizia.

Approfittando dei venti di guerra, uno dei leader dell’estrema destra, il ministro delle finanze Bezalel Smotrich, porta avanti un’annessione massiccia dei territori occupati. È una vecchia rivendicazione della destra intransigente, che finora era stata resa impossibile dal contesto internazionale. Ora, però, la destra ritiene che sia stato aperto un varco. L’altro leader dell’estrema destra, il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, non intende farsi scavalcare, ed è andato a pregare sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme accompagnato da una folla di sostenitori, nonostante diversi accordi lo vietino.

Ben Gvir conosce la portata provocatoria del suo gesto, soprattutto nei confronti della Giordania, a cui spetta ancora la gestione di questo luogo sacro per i musulmani. La spiegazione è che il ministro non vuole un accordo per un cessate il fuoco e dunque mette in atto una nuova trasgressione ogni volta che i negoziati riprendono, nella più completa impunità perché Netanyahu ha bisogno di lui per restare al potere.

Potremmo citare altri esempi della radicalizzazione, sul fronte israeliano ma anche su quello di Hamas, che ha ufficializzato la nomina alla guida del movimento di Yahya Sinwar, l’architetto dell’attacco del 7 ottobre. Come negli anni novanta, quando l’obiettivo erano gli accordi di Oslo, gli estremisti palestinesi e israeliani agiscono per impedire la pace e portare avanti la loro battaglia suprematista. Come cavalieri dell’apocalisse, avanzano perché gli viene permesso di farlo e sono forti solo perché il mondo chiude gli occhi. Fino a quando?

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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