Abbiamo assistito ai primi colpi della guerra tra Israele ed Hezbollah? Gli eventi di ieri in Libano sono senza precedenti e segnano un nuovo passo importante nell’escalation che tutti temono da mesi e che ora sembra inevitabile.

Facendo esplodere i cercapersone di Hezbollah, gli israeliani hanno dimostrato ancora una volta le loro capacità tecnologiche in campo militare. Il movimento sciita ha utilizzato questa tecnologia obsoleta per molto tempo, ritenendo vulnerabili gli smartphone.

Lo scorso febbraio, il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha chiesto ai suoi sostenitori di “buttare via” i loro smartphone. “Seppelliteli, metteteli in una scatola di metallo e metteteli via”, ha detto, per combattere gli hacker, la geolocalizzazione e altri rischi a cui espongono i telefoni. Ma l’uso di strumenti più vecchi non ha protetto i suoi uomini, compreso l’ambasciatore iraniano a Beirut, che è rimasto ferito nell’esplosione del suo cercapersone. Il bilancio al momento è di otto morti e 2.800 feriti.

Perché questo sfogo? Se ci atteniamo alla logica israeliana, è stata la risposta a un fallito attentato, imputato a Hezbollah, contro un ex funzionario dell’apparato di sicurezza dello stato ebraico. Ma l’escalation va oltre la semplice rappresaglia.

Negli ultimi giorni il principale argomento di discussione politica in Israele è stato il desiderio di Benjamin Netanyahu di licenziare il suo ministro della difesa, Yoav Gallant. Il motivo: Gallant, ma anche parte dello stato maggiore dell’esercito, si oppongono al desiderio del primo ministro israeliano di lanciare finalmente l’assalto a Hezbollah.

Lo scenario politico sul tavolo è la sostituzione di Gallant con Gideon Saar, deputato di destra, rivale di Netanyahu ma sostenitore della linea dura militare.

Lunedì Israele ha annunciato che i suoi obiettivi di guerra sono stati modificati per includere il ritorno di circa sessantamila civili evacuati dal nord dello stato, al confine con il Libano, a causa della minaccia di Hezbollah. Questo annuncio significa che Netanyahu ha deciso di combattere il movimento sciita filoiraniano e, con ogni probabilità, di distruggere le sue infrastrutture militari in Libano.

La guerra regionale è già qui, a bassa intensità. Ci sono stati centinaia di morti in Libano, raid israeliani in Siria, operazioni in Iran e Yemen, mentre continuano quelle spietate nella Striscia di Gaza e si intensifica la violenza in Cisgiordania. Se non è un conflitto regionale, lo sembra.

La questione oggi è la portata di ciò che accadrà e la reazione dei principali attori. Se Israele decide di lanciare un assalto contro Hezbollah, un avversario molto più temibile di Hamas, quale sarà la reazione dell’Iran, che è lo sponsor del movimento?

E cosa faranno gli Stati Uniti, che chiedono un cessate il fuoco a Gaza ma, che lo vogliano o no, si troveranno invischiati in questo conflitto regionale? Non siamo ancora arrivati a questo punto, ma tutti questi interrogativi si stanno facendo strada con l’accelerazione degli eventi, con i cercapersone che esplodono come in uno scenario da serie tv. Uno scenario che si può riassumere in una parola: guerra.

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