Il vertice dei Brics in Russia lancia una sfida all’occidente
Vi piacerebbe far parte dello stesso club di Vladimir Putin? Vi vedo esitare, eppure il vertice dei Brics che si apre il 22 ottobre nella città russa di Kazan, sulle rive del fiume Volga, dimostra che molti paesi non esitano affatto, malgrado l’invasione dell’Ucraina.
I Brics sono il club fondato due anni fa da Brasile, Russia, India e Cina, a cui si è aggiunto presto il Sudafrica. Sono i cosiddetti paesi emergenti. Al vertice di Johannesburg dell’anno scorso sono stati ammessi nuovi stati, tra cui l’Iran, gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto e l’Etiopia. L’Arabia Saudita è stata invitata, ma tentenna. L’Argentina di Javier Milei, invece, ha opposto un netto rifiuto. La lista dei candidati all’ingresso è lunga e comprende perfino la Turchia, nonostante Ankara faccia parte della Nato.
Già oggi i Brics rappresentano circa metà della popolazione del pianeta (contro appena il 10 per cento del G7) e il 35 per cento del pil mondiale (più del G7). I Brics non sono (ancora) un contropotere globale, ma hanno un peso evidente in un momento segnato dalla ridefinizione dell’ordine internazionale.
Esistono due modi di analizzare il vertice di Kazan. Il primo è quello di osservarlo attraverso il prisma dell’Ucraina. Grazie a questo evento, Putin dimostra di non essere un paria e di poter contare sul sostegno di diversi capi di stato, non solo del suo amico cinese Xi Jinping.
Per il presidente russo si tratta di un innegabile successo, soprattutto considerando che nel frattempo Volodymyr Zelenskyj sta cercando affannosamente di mobilitare l’occidente con il suo piano per la vittoria. Dopo due anni e mezzo di guerra, l’Ucraina e gli occidentali non sono riusciti a ribaltare il rapporto di forze.
Ma c’è un’altra chiave di lettura per il vertice di Kazan: è quella della richiesta da parte dei paesi del sud di un ordine mondiale diverso da quello forgiato a propria immagine dagli occidentali, e soprattutto dagli Stati Uniti, nel 1945. Malgrado tutte le ambiguità dei Brics, non bisogna sottovalutare questo messaggio.
I Brics non sono un blocco coerente, e questa è la prima delle loro ambiguità. Potremmo parlare a lungo dell’ostilità tra Cina e India, del peso dominante dell’economia cinese, della presenza dell’Iran o della difficoltà di portare avanti la tanto desiderata dedollarizzazione dell’economia mondiale. Ma questi aspetti non hanno impedito ai Brics di crescere, di ricevere diverse candidature e di essere portatori di una narrativa alternativa.
Ciò che unisce i Brics è l’ostilità nei confronti di un ordine mondiale che è palesemente sbilanciato a favore degli occidentali, anche se non tutti i paesi del gruppo vorrebbero sostituire il sistema attuale con un nuovo ordine cinese o avere Putin come protettore e guardiano della morale.
In ogni caso, l’impossibilità di riformare l’ordine mondiale e le evidenti differenze di trattamento da parte degli occidentali emerse nel conflitto in Medio Oriente aprono un’autostrada ai Brics, a cominciare dalla Cina, animata dalla volontà di farsi guida del sud globale. Per questo motivo gli occidentali non devono ignorare il messaggio di Kazan, a meno che non vogliano risvegliarsi in un mondo che gli sta sfuggendo di mano.
(Traduzione di Andrea Sparacino)