I sondaggi prevedevano una vittoria con il 60 per cento dei voti, ma alla fine il “sì” al referendum sull’integrazione della Moldova nell’Unione europea ha prevalso per un pelo, con appena il 50,39 per cento di preferenze. A salvare la presidente Maia Sandu è stato il voto della diaspora moldava, più marcatamente filoeuropea. Inoltre, ora Sandu si ritrova impegnata in un ballottaggio difficile per le presidenziali, il cui primo turno si è svolto contemporaneamente al referendum.

Questo doppio voto nel piccolo paese di appena 33mila chilometri quadrati, uno dei più poveri d’Europa, aveva assunto una dimensione geopolitica importante, così come le elezioni legislative che si svolgeranno il 26 ottobre nella vicina Georgia. In palio c’è il destino di due stati in sospeso tra l’influenza russa e il potere di attrazione dell’Europa, tra l’eredità post-sovietica e l’orizzonte europeo.

Negli anni novanta, al termine della riorganizzazione del continente e dopo la caduta del muro e la scomparsa dell’Unione Sovietica, tre paesi sono rimasti orfani, né integrati nella Nato né totalmente assorbiti nell’orbita russa: l’Ucraina, la Georgia e la Moldova. L’Ucraina è attualmente in guerra con la Russia, mentre gli altri due stati sono coinvolti in un conflitto più latente.

Il 21 ottobre la coraggiosa presidente moldava ha scritto su X di aver “combattuto onestamente una battaglia impari”, alludendo alle pressioni russe denunciate dal suo governo negli ultimi giorni. L’esecutivo filoeuropeo sostiene che Mosca abbia finanziato l’acquisto di circa trecentomila voti per influenzare l’esito del referendum. La Bbc ha diffuso alcune interviste con elettori che hanno ammesso di essere stati pagati da intermediari.

La situazione della Moldova è complessa. Una regione, la Transnistria, è occupata da trent’anni dall’esercito russo, e anche l’opposizione è palesemente vicina a Mosca. È la sfida che attende Maia Sandu al secondo turno, in cui dovrà sconfiggere uno schieramento filorusso compatto.

L’Unione europea ha garantito un sostegno attivo alla presidente, anche attraverso una visita a Chișinău di Ursula von der Leyen, che ha portato con sé un corposo assegno. Ma non è bastato.

La vittoria risicata al referendum è già contestata dalla propaganda russa e indebolisce Sandu in vista del secondo turno delle presidenziali. Sono queste le pressioni che determineranno il futuro dell’avventura europea della Moldova, candidata all’adesione.

Il voto moldavo potrebbe avere conseguenze anche sulle elezioni in Georgia, che si svolgono sulla stessa linea di frattura, ma con i filorussi al governo e i filoeuropei nelle piazze. La sera del 20 ottobre, a Tbilisi, è stata organizzata una gigantesca manifestazione a favore dell’Europa, ma negli ultimi giorni il governo ha dimostrato di essere in grado di reprimere il dissenso e mantenere il controllo del paese.

In Moldova come in Georgia, Putin gioca la stessa partita che sta portando avanti in Ucraina, con l’obiettivo di impedire alle ex repubbliche sovietiche di entrare in Europa. In questo caso il presidente russo non sfrutta la forza delle armi, ma usa altri strumenti destabilizzanti. L’Europa fa quello che può, ma si batte ad armi impari e rischia di perdere tutto davanti a un avversario che non conosce limiti.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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