L’attuale guerra per l’energia è una delle forme assunte dal conflitto in corso sul fianco orientale dell’Unione europea. I diversi paesi coinvolti rischiano di ritrovarsi senza energia durante un inverno particolarmente freddo.
In un momento decisivo per il futuro della pace e della guerra in quest’area del continente europeo, molteplici aspetti finiscono per combinarsi tra loro.
La Moldova, piccolo e fragile paese popolato da due milioni e mezzo di abitanti, non riceverà più gas russo a partire dalla notte di capodanno. La società che distribuisce il gas in Moldova è controllata per metà dal gigante russo Gazprom, un’eredità dell’epoca sovietica. L’azienda è attualmente paralizzata da una disputa tra gli azionisti.
Quella che avrebbe potuto restare una controversia commerciale è degenerata in un braccio di ferro geopolitico, in un paese che comprende una regione, la Transnistria, che ha operato una secessione e ospita un contingente russo. In Moldova le recenti elezioni sono tate segnate dalle ingerenze russe, e ancora una volta il paese paga le conseguenze della sua geografia e delle sue aspirazioni filoeuropee.
Un altro pezzo del puzzle è la decisione dell’Ucraina di bloccare sul suo territorio il transito di gas russo diretto verso alcuni paesi dell’Unione europea. Per quanto possa sembrare strano, negli ultimi tre anni il gas russo ha continuato scorrere attraverso i gasdotti ucraini. Un altro lascito dell’era sovietica.
L’Europa ha drasticamente ridotto la sua dipendenza dal gas russo, a cominciare dalla Germania che ne era il primo acquirente. Ma alcuni paesi continuano a riceverlo nonostante le pressioni internazionali. Tra questi paesi c’è la Slovacchia, stato dell’Unione europea che ha assunto una posizione vicina a Vladimir Putin sotto la guida del suo primo ministro Robert Fico.
La Slovacchia ha minacciato di non fornire più elettricità all’Ucraina (come fa ogni volta che è necessario) se non dovesse più ricevere il gas russo. La risposta di Volodymyr Zelenskyj è stata perentoria: “Putin ha ordinato a Fico di aprire un nuovo fronte contro l’Ucraina”.
La Polonia sostiene Kiev e si è impegnata a compensare le eventuali carenze di fornitura elettrica: una presa di posizione importante in una fase in cui i bombardamenti russi colpiscono soprattutto le infrastrutture energetiche ucraine.
Queste crisi sono tutte legate allo scontro bellico tra Russia e Ucraina, che stravolge ogni cosa.
A tutto questo potremmo aggiungere la questione dei cavi recisi nel mar Baltico, ben tre nell’arco di poche settimane. L’ultimo è un cavo elettrico che collega la Finlandia e l’Estonia.
La marina di Helsinki, che ormai opera nell’ambito della Nato, ha intercettato una nave da carico russa sospettata di aver sabotato il cavo, costringendola a dirigersi verso un porto finlandese. L’inchiesta si basa su una traccia di 100 chilometri sul fondale marino, che lascia pensare a un atto deliberato.
È il genere di guerra ibrida condotto dalla Russia, in cui le armi costituiscono solo una parte dello scontro. La battaglia, infatti, si svolge anche nell’ambito dell’opinione pubblica. Privare la popolazione di riscaldamento ed elettricità ha un effetto innegabile sul morale. Nel 2025 questo sarà uno dei tanti modi per fare la guerra.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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