Bisognerà abituarsi. Gli Stati Uniti seguono una strada tutta loro. La dichiarazione finale del vertice di Parigi sull’intelligenza artificiale è il primo documento internazionale concordato dopo l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, e gli Stati Uniti si sono rifiutati di firmarlo. Il Regno Unito si è accodato alla decisione di Washington, anche se nessuno ha ancora capito perché.

Il documento finale di una conferenza internazionale è negoziato per settimane dagli esperti. Quando finalmente comincia il vertice, di solito restano solo da sistemare alcuni dettagli, ovvero i punti su cui non è stato possibile trovare un consenso. L’aspettativa, in genere, è che i capi di stato e di governo riescano a superare gli ultimi ostacoli.

Invece la delegazione statunitense, guidata dal vicepresidente JD Vance, non ha accettato questo impegno a favore di “un’intelligenza artificiale sostenibile e inclusiva”, a causa sia delle parole scelte (contrarie al vocabolario trumpiano) sia della filosofia di fondo. Nel suo discorso, Vance ha messo in guardia l’Europa contro i tentativi di regolare la tecnologia, che giudica eccessivi, e contro la tentazione di collaborare con la Cina. Il problema, in realtà, non sono tanto le parole, quanto la visione del mondo.

Non è una sorpresa, perché il tema della regolamentazione della tecnologia è al centro della frattura che si è aperta tra gli Stati Uniti e l’Europa. La presenza al fianco di Trump dei grandi nomi della Tech americana – “un’oligarchia”, per riprendere l’espressione scelta da Joe Biden nel suo messaggio d’addio – evidenzia fino a che punto questo argomento sia centrale nella visione statunitense del mondo.

In futuro è lecito aspettarsi forti tensioni tra Washington e Bruxelles sulle regole europee entrate in vigore negli ultimi anni e mesi, che hanno irritato profondamente la Silicon valley. L’Europa incontrerà grandi difficoltà a resistere ai fendenti statunitensi, di cui il rifiuto di firmare la dichiarazione di Parigi è solo un antipasto.

La posta in gioco è ben più ampia. L’amministrazione Trump rinnega la diplomazia multilaterale, ovvero il meccanismo di trattative tra partner creato faticosamente dopo la fine della seconda guerra mondiale. Per Trump conta soltanto la legge del più forte, dunque quella degli Stati Uniti.

Il presidente statunitense ha già stracciato l’accordo di Parigi sul clima, abbandonato l’Organizzazione mondiale della sanità, sanzionato i giudici della Corte penale internazionale, chiuso l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (Usaid) e boicottato la Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite. E questo è soltanto l’inizio. Un mondo intero si sta sgretolando davanti ai nostri occhi e sarà messo a dura prova in assenza degli Stati Uniti.

I negoziati internazionali, inoltre, sono “inquinati” dalla rivalità sino-statunitense. Il 10 febbraio, nel suo intervento in occasione del vertice, il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato di voler lavorare insieme al resto del mondo sull’intelligenza artificiale, Cina compresa. Parole a cui JD Vance ha poi risposto utilizzando termini estremamente aggressivi contro Pechino.

Durante la cena ufficiale all’Eliseo dopo il vertice, il vicepresidente statunitense si è alzato e ha lasciato la sala quando il vice primo ministro cinese ha preso la parola. Il giorno successivo, Vance ha parlato di sistemi autoritari che “si infiltrano per rubare le vostre informazioni”.

Al vertice di Parigi abbiamo quindi osservato la grande utopia di un’intelligenza artificiale al servizio dell’umanità, e la dura realtà dei conflitti del nostro tempo, con o senza l’intelligenza artificiale.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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