La devastante esplosione che ha colpito Beirut farà arrivare un’enorme quantità di aiuti umanitari da tutto il mondo. La tragedia della capitale libanese si è verificata nel contesto di un’economia e una società già in crisi, con una classe politica screditata e un governo negligente e corrotto. È questo, tra le altre cose, ad aver causato il fatto che migliaia di chili di nitrato di ammonio fossero conservati nel porto nonostante la pericolosità del materiale fosse nota e fosse stata segnalata diverse volte alle autorità.
La maggior parte dei libanesi non crede che il governo sia in grado di fare luce sulla tragedia, individuando i funzionari (presenti e passati) che hanno ricoperto un ruolo nella vicenda, e nemmeno di gestire con efficienza le centinaia di milioni di dollari di aiuti umanitari e fondi per la ricostruzione che arriveranno nel paese. Per questo propongo alle autorità, alle organizzazioni e ai cittadini libanesi di sfruttare questo momento per prendere la strada delle riforme, una via che tutti dicono di voler percorrere.
Le riforme strutturali, politiche, fiscali e amministrative sono una priorità per il Libano e per la maggior parte degli stati arabi in cui i cittadini subiscono gli effetti del malgoverno. L’emergenza umanitaria dovrebbe sommarsi alla crisi politica e a quella economica per creare un’opportunità di innovazione.
Un consorzio
Il mio suggerimento è che gli aiuti umanitari e i fondi per la ricostruzione siano gestiti da un nuovo consorzio formato da funzionari governativi, ong e fondazioni umanitarie credibili, da alcune organizzazioni internazionali e da individui dalla professionalità riconosciuta. La loro partecipazione è indispensabile, perché i governi libanesi degli ultimi trent’anni hanno dimostrato di essere incapaci o poco disposti a servire il popolo. Bisogna trovare un nuovo approccio per la gestione del denaro pubblico, e considerate le condizioni precarie in cui versa il paese, è fondamentale agire subito.
Le ong, le università, i professionisti e le istituzioni private libanesi sono molto affidabili, e stanno già preparando una serie di piani per gestire lo stato e la società all’interno di un sistema politicamente riformato. La promessa di aiuti umanitari può essere sfruttata per accelerare questo sviluppo, costringendo lo stato a condividere il processo decisionale con la cittadinanza e a rispondere velocemente alle necessità del paese.
La condivisione delle decisioni sulla la gestione degli aiuti spingerà i potenziali donatori a impegnarsi, eliminando il timore che i soldi vengano rubati o usati impropriamente. Così sarà possibile realizzare velocemente i progetti di cui la popolazione ha bisogno per sopravvivere. Negli ultimi anni lo stato non ha fatto altro che sprecare tempo, rifiutandosi di risolvere il problema dei rifiuti e dell’elettricità.
Un segnale di speranza
Questo processo creerà un modello di collaborazione tra pubblico e privato capace di sfruttare i talenti e la lungimiranza del settore privato, dando un segnale di speranza al Libano e a molti altri paesi arabi i cui i cittadini hanno bisogno di riforme politiche concrete per evitare ulteriori scivolamenti verso la povertà, l’emarginazione e la disperazione.
La mia proposta servirebbe anche a scuotere il sistema largamente disfunzionale degli aiuti e delle ong internazionali, che offrono assistenza ad alcune persone bisognose ma che in generale permettono a stati decrepiti di proseguire la loro opera fallimentare e corrotta mentre i funzionari accumulano ricchezze senza avere alcun merito. I donatori dovrebbero richiedere questo tipo di controllo sul modo in cui verranno spesi i loro soldi. Se i governi arabi si rifiuteranno di garantirlo, i donatori dovrebbero inviare il denaro direttamente alle ong e ad altre componenti della società che sappiano usarlo al meglio.
Il vantaggio di quest’idea è la possibilità di combinare il desiderio dei cittadini arabi per una riforma dello stato con la volontà della comunità internazionale (spesso manifestata ma raramente concretizzata) di ottenere lo stesso risultato. Se riusciranno a lavorare insieme, lo stato sarà costretto ad adeguarsi, e questo porterà benefici per tutti. Inoltre il meccanismo permetterebbe ai cittadini arabi, per la prima volta nella storia, di avere un peso sulla politica dei loro paesi, ottenendo risultati mai raggiunti dai parlamenti nazionali.
In questo modo sarà possibile combattere la corruzione statale, migliorare l’efficienza del governo, creare una collaborazione tra stato e cittadini, allargare la partecipazione al processo decisionale, favorire l’arrivo di aiuti e investimenti internazionali, e regalare ai cittadini arabi, maltrattati e in difficoltà, un senso di speranza nella possibilità di salvare i propri paesi barcollanti e vivere con orgoglio e a testa alta.
Spero che il presidente francese Emmanuel Macron e gli altri leader che stanno manifestando il desiderio di aiutare il Libano prendano in considerazione queste idee e facciano quello che non sono stati capaci di fare nell’ultimo secolo: promuovere lo sviluppo, la prosperità e la sicurezza nei paesi arabi, appoggiandosi al consenso, alla volontà e alle capacità della popolazione.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Il 4 agosto un’esplosione ha devastato il porto di Beirut e le zone limitrofe. A causarla sarebbero state quasi tremila tonnellate di nitrato di ammonio, che nel 2013 era stato sequestrato e depositato in un magazzino senza che nessuno se ne prendesse più cura. Cinquemila persone sono rimaste ferite e almeno 137 sono morte. Secondo l’emittente britannica Bbc trecentomila sarebbero rimaste senza casa, e le ricerche dei dispersi sono ancora in corso. Decine di persone sono scese in piazza per protestare con il governo, accusato di negligenza.
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